Nella Preistoria la donna è considerata sacra: è una creatura capace di donare la vita e per questo motivo viene scolpita come una dea antropomorfa, cioè una divinità con sembianze umane.
La Venere di Willendorf, rinvenuta nel 1908 nella città austriaca di Willendorf, è stata realizzata circa 25mila anni. Questa statuetta, alta 11 cm, raffigura una donna opulenta dalle forme morbide. Gli organi genitali sono riconoscibili in modo dettagliato e i seni sono generosi e un po’ cadenti.
Le zone del corpo legate alla maternità sono ben evidenziate e il loro valore simbolico risulta inequivocabile: la donna è sacra perché ha il potere di procreare.
La figura della donna gode di una considerazione tale da renderla oggetto di culto. Sono state ritrovate circa 30mila statuette, e il 97% di queste rappresentano figure femminili.
Poiché sono le donne ad avere i bambini, la discendenza viene tracciata attraverso la madre.
A un certo punto accade qualcosa: il clima cambia. Finite le glaciazioni, le temperature diventano sempre più calde e l’ambiente muta profondamente. L’uomo non avverte più la necessità di spostarsi e scopre che, oltre alla caccia, può procurarsi il cibo anche attraverso l’agricoltura.
Con la scoperta dei metalli, gli uomini iniziano a costruire utensili per facilitare il lavoro nei campi, ma anche le prime armi per difendersi durante gli scontri con gli abitanti dei villaggi vicini.
Queste armi sono una prerogativa prettamente maschile, pertanto le donne che vogliono difendersi devono cercare protezione in un uomo.
Inizia a delinearsi, in questo modo, una prima forma di sottomissione che con il tempo si evolve in sistema patriarcale: la donna diventa proprietaria dell’uomo. Questa situazione capovolge completamente la figura della donna come “dea intoccabile”.
Già in epoca romana ci sono prove di femminicidi. Ponzia Postumina, vissuta all’epoca di Nerone, commette adulterio con il tribuno della plebe Ottavio Sagitta e viene uccisa, mentre l’uomo viene mandato in esilio su un’isola per 13 anni.
Nel II sec. a. C. viene emanata una legge che persegue il corteggiamento troppo insistente: l’editto di attentata pudicizia.
Tuttavia, questo viene considerato un reato meno grave, se commesso nei confronti di una schiava e di una vestita come tale o come una prostituta. Già qui la provocazione femminile relativa all’abbigliamento viene considerata a discolpa per l’uomo violento.
L’oscurantismo del Medioevo non consente alla donna di esprimersi sul piano intellettuale. Con l’invasione dei Longobardi in Italia, la donna diventa oggetto del guerriero. Le nozze vengono concordate e organizzate senza il suo consenso.
Vengono introdotti vari sistemi di torture, come il “bavaglio di ferro”, conosciuto anche come “mordacchia” o “briglia della comare”.
La mordacchia viene fissata dietro alla testa e possiede una piastra, munita o di un uncino o di una punta di ferro, che viene inserita all’interno della bocca. Questa preme a fondo sulla lingua provocando gravissime ferite. Ogni piccolo movimento della lingua può essere fatale per l’incolumità del muscolo.
Questa “museruola” serve per punire le donne pettegole, quelle che mettono in discussione l’autorità del marito e quelle che parlano con altre persone dei maltrattamenti subiti dallo stesso. Questo orribile destino è però riservato soltanto alle donne di ceto basso. Le dame e le donne nobili hanno il permesso di spettagolare e calunniare chi vogliono.
Dal Medioevo fino alla Rivoluzione francese del 1789, la donna viene vista come l’incarnazione del male. Prende inizio così la caccia alle streghe, attuata con torture e rogo. Vengono perseguitate quelle che manifestano un pensiero distante dalle mode imperanti.
Il cavallo spagnolo è destinato a tutte quelle donne sospettate di essere streghe o di avere legami con il demonio. Le malcapitate vengono poste a cavalcioni sull’asse di legno in modo che uno spigolo acuminato penetri nella loro vagina. Inoltre, al fine di provocare ancora più dolore, spesso ai piedi vengono aggiunti anche dei pesi. Durante il periodo dell’Inquisizione questa pratica viene estesa anche alle suore sospettate di aver infranto il loro voto di castità.
Lo stupro è uno dei crimini più antichi al mondo e costituisce una tortura:
un’intrusione nelle parti più private ed intime del corpo di una donna, ed anche un’aggressione all’essenza del suo io.
In epoca romana, lo stupro non è reato se compiuto dai vincitori sulle donne dei vinti o se seguito da matrimonio ( come nel ratto delle Sabine).
Durante il Medioevo, lo stupro è lecito o meno in base alla verginità e alla classe sociale della donna.
Nel Rinascimento e nell’Illuminismo, se la donna stuprata resta incinta, è perché ha provato piacere e pertanto viene ritenuta colpevole.
Dall’Ottocento fino al 1950, in Italia, le ragazze minorenni stuprate erano messe in riformatorio.
Ancora oggi la donna non viene considerata completamente parte lesa dello stupro. Da una parte regna ancora il pregiudizio secondo il quale è l’abbigliamento provocatorio della donna a causarlo, dall’altra parte c’è chi evidenzia che è la donna che deve mettere in atto delle strategie per evitare di suscitare provocazioni nell’uomo, inducendolo allo stupro.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data di questa ricorrenza.
Il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana furono uccise le tre sorelle Mirabal: Patria, Minerva e Maria Teresa, attiviste politiche, per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961). Quel giorno le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.
In molti paesi, come l’Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato da scarpe rosse da donna, allineate nelle piazze o in luoghi pubblici, a rappresentare le vittime di violenza e femminicidio.
L’idea è nata da un’installazione dell’artista messicana Elina Chauvet, Zapatos Rojos (scarpe rosse), realizzata nel 2009 in una piazza di Ciudad Juarez (Messico), e ispirata all’omicidio della sorella per mano del marito.
Il fenomeno della violenza sulle donne è talmente radicato nella storia dell’umanità (eccezion fatta per gli uomini paleolitici) che diventa difficile reciderne le radici.
Ma abbiamo un potere enorme tra le nostre mani: la storia è maestra di vita e può insegnare tantissimo. Possiamo ancora educare le generazioni future per eliminare la “cultura dello stupro”
soffermando l’attenzione sull’individuo in errore e insistendo sulla responsabilità personale delle sue azioni.
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