Africa, attivisti contro il carbone cinese per la produzione di corrente



Quando il governo ghanese aveva accettato di coordinarsi con Shenzen Energy, una compagnia energetica cinese, per costruire una centrale a carbone da 7.000 megawatt nel distretto di Ekumfi, Chibeze Ezekiel si era dimostrato molto preoccupato.

As a direct result of Goldman Environmental Prize winner Chibeze Ezekiel's grassroots campaign, the Ghanaian Minister of Environment canceled the construction of a 700-megawatt (MW) coal power plant and adjoining shipping port.
Chibeze Ezekiel

Sapeva che le acque reflue dell’impianto proposto, le ceneri e le emissioni di mercurio rappresentavano dei gravi rischi per la salute, per l’ambiente e per le comunità di pescatori e agricoltori locali.

L’accesso all’acqua potabile era minacciato dalle emissioni di anidride solforosa dell’impianto e dalle piogge acide associate, e ci sarebbe stato un chiaro impatto sul clima regionale.

Ezekiel, che viene dalla capitale, Accra, era già il fondatore di una ONG focalizzata sulla buona governance ambientale e ha avviato quello che è diventato un movimento giovanile di successo per fermare la costruzione dell’impianto da 1,5 miliardi di dollari, specificando che il passsaggio alle energie rinnovabii potrebbe portare alla creazione di posti di lavoro a lungo termine.

Il governo del Ghana ha annullato il progetto nel 2016. Il presidente, Nana Akufo-Addo, da allora ha detto che le nuove politiche energetiche saranno basate su tecnologie di generazione rinnovabile come l’eolico e il solare, in quanto il Ghana cerca di rispettare i suoi impegni di riduzione del carbonio ai sensi dell’accordo di Parigi.

Ezekiel ha affermato:

Se il mondo sta cercando di allontanarsi dalla distruzione ambientale a causa dei combustibili fossili, allora l’Africa non dovrebbe essere vista come la perpetuazione di quell’era.

Il 30 novembre gli è stato conferito il prestigioso premio Goldman Environmental Prize for Africa, che onora i risultati e la leadership degli attivisti ambientali.

La vittoria di Ezekiel è solo una delle tante battaglie che infuriano in tutto il continente tra attivisti, aziende cinesi e governi africani.

Nonostante i rischi conosciuti, le aziende cinesi hanno continuato a finanziare la costruzione di centrali a carbone, attirando l’ira degli attivisti ambientali, poiché i leader africani stanno scegliendo soluzioni rapide per attrezzare i loro paesi con impianti elettrici.

A luglio, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha esortato le nazioni a smettere di finanziare l’industria del carbone.

A settembre, il presidente cinese Xi Jinping ha promesso che si impegnerà per produrre carbone a zero emissioni entro il 2060.

Tuttavia, le banche e le società cinesi stanno ancora finanziando sette centrali a carbone in Africa come quella pianificata per il distretto di Ekumfi, con altre 13 in cantiere, per lo più nell’area a sud del Sahara.

In arancione gli impianti allestiti, in arancione gli impianti proposti

Dal 2000 la China Development Bank e l’Export-Import Bank of China hanno investito 6,5 miliardi di dollari nei progetti di carbone in Africa, secondo il Global Development Policy Center della Boston University.

L’economia della Cina è in rapido sviluppo grazie ai molti settori dipendenti dai combustibili fossili e attualmente contribuisce al 26% delle emissioni globali di CO2, secondo il Green Belt and Road Initiative Center (Green-BRI).

A ottobre, un mese dopo che Xi aveva promesso la neutralità delle infrastrutture, una delle più grandi imprese statali cinesi di costruzioni energetiche, la PowerChina, ha portato in Zimbabwe 223 dipendenti per accelerare l’espansione della centrale elettrica a carbone di Hwange nell’ovest dello Zimbabwe.

Due settimane dopo, l’ambasciatore cinese Guo Shaochun ha dichiarato che

la pandemia di coronavirus non può fermare il ritmo della cooperazione tra Cina e Zimbabwe e che, una volta completato il progetto, la capacità di autosufficienza energetica del Paese sarà notevolmente migliorata.

Il potenziale di un’infrastruttura energetica alimentata da carbone a basso costo è allettante per un paese come lo Zimbabwe, dato il deficit energetico che rallenta la crescita economica. Il paese ha una domanda di energia elettrica nazionale che oscilla tra 2.200-2.400 megawatt, ma ne fornisce solo circa 1.300, secondo il Center for Natural Resources Governance (CNRG).

La carenza di energia elettrica e le interruzioni di corrente sono all’ordine del giorno in Ghana. Questa situazione è aggravata dalla siccità che non agevola neppure l’idroelettricità da cui il Paese dipende. La sua crisi energetica lo ha reso vulnerabile agli investimenti da parte degli sviluppatori di energia stranieri.

Come altri paesi che investono in Africa, anche la Cina promette posti di lavoro, traendo vantaggio da politiche lassiste e costi di costruzione più bassi. Molti governi scelgono di soddisfare la domanda di energia elettrica, nonostante ogni paese africano abbia ratificato l’accordo di Parigi (tranne Angola, Libia, sud Sudan ed Eritrea).

Han Chen, responsabile della politica energetica internazionale presso il Natural Resources Defense Council di New York, un gruppo di difesa ambientale internazionale senza scopo di lucro, ha affermato:

La politica sui progetti rinnovabili è debole o inesistente in Africa.

In Cina gli standard ambientali sono piuttosto elevati, mentre il Sudafrica o il Kenya, ad esempio, hanno politiche energetiche che facilitano il coinvolgimento degli investitori.

Ma gli attivisti sono all’attacco in tutto il continente. Ezekiel non è il solo a lottare per un’Africa focalizzata sulle energie rinnovabili.

L’attivismo panafricano ha avuto un certo successo e negli ultimi anni i progetti per il carbone sono stati accantonati in Nigeria, Mozambico e Botswana.
Negli ultimi mesi, Cyril Ramaphosa, presidente del Sudafrica e presidente dell’Unione africana, ha drasticamente spostato la posizione energetica del suo paese verso le fonti rinnovabili.

In definitiva, il carbone è un’industria in declino e la Cina è quasi la sola a finanziare l’energia del carbone in Africa.
Se il colosso economico vuole prendere sul serio il suo impegno nella lotta al riscaldamento globale, deve smettere di finanziare le centrali di carbone all’estero. Per Ezekiel e altri attivisti, la guerra sta volgendo a loro favore.