Awa Fall, “Radici e cultura” italosenegalese per una stella del reggae



Awa Fall è una cantante italosenegalese e a soli 24 anni è già considerata una delle più belle voci della musica reggae in Europa.

Nata e cresciuta a Bergamo con la mamma, la zia, la nonna e a un fratello (da parte di madre), Awa riscopre le sue origini africane solo qualche anno fa:

A 18 anni sono andata da sola in Senegal alla ricerca delle mie radici.

Posso dire che è stato il viaggio della vita e ogni volta che ne parlo mi viene la pelle d’oca.

In Senegal riabbraccia suo padre e altri tre fratelli:

Uno di loro mi ha aiutato con il wolof e il francese, facendo da mediatore con i miei nonni, che finalmente ho potuto abbracciare per la prima volta.

Ho vissuto questa esperienza senza paura, pronta a ricevere quello che sarebbe successo. È stato un tassello importante.

Inizia a muovere i suoi primi passi sui palchi all’età di 14 anni grazie alla zia materna Valentina, anche lei musicista:

In verità ho sempre cantato e suonato il pianoforte. Cantavo in continuazione, anche a scuola.

I miei compagni mi dicevano di stare zitta e io continuavo a cantare.

Mi dicevano che avevo una bella voce.

Un giorno mentre eravamo tutta la famiglia in vacanza in un hotel a Favigliana mi sono esibita.

Avevo 14 anni e ancora adesso ricordo quanto fossi emozionata.

Con mia zia Valentina Benaglia, che era già famosa, ho provato sulla spiaggia per due ore e mezza e alla sera ho debuttato tra gli applausi.

Da quel primo concerto non si ferma più. Mette su un duo con la zia e abbandona gli studi per dedicarsi completamente alla musica, seguendo corsi e lezioni:

A scuola non mi trovavo più.

Avevo bisogno di trovare la mia dimensione e ho iniziato il mio percorso.

Ho conosciuto gli Eazy Skankers e con loro ho girato l’Europa prendendo parte ad alcuni festival di reggae più famosi tra cui il Rototom Sunplash in Spagna.

Awa cresce ascoltando musica black in casa. Le sue preferenze musicali abbracciano i grandi nomi degli anni ’90, come Radici nel cemento e Sud Sound Suystem.

È affascinata dalle melodie reggae e le sue canzoni rievocano il ritmo dei pezzi di Bob Marley:

Le mie canzoni sono di denuncia sociale.

Si dice che l’ignoranza sia la causa di tutti i mali, e noi artisti abbiamo la responsabilità di comunicare qualcosa che i media e le istituzioni nascondono.

Fare canzoni d’amore non è la mia priorità, il mio obiettivo è essere la voce del popolo.

Le mie canzoni arrivano dal cuore.

Mi danno una spinta speciale e le dedico ai giovani.

Le giovani generazioni non hanno più riferimenti, esempi da seguire.

Le mie canzoni sono contro le disuguaglianze che non mi fanno dormire la notte e per i ragazzi di oggi che hanno bisogno di ascoltare parole che arrivano dal cuore e abbiano un po’ di saggezza.

Se il mondo va a rotoli penso che noi artisti dobbiamo comunicare l’amore senza confini, universale, la magia della vita.

Nel brano “Believe” (Credere) canto che bisogna credere in se stessi, dare voce a chi non ce l’ha, non avere paura di essere diversi.

Tuttavia, ammette che nella discografia italiana sussiste un certo grado di discriminazione verso chi ha origini straniere:

Mi piace l’Italia ma tutto mi fa pensare che qui non ci sia posto per me.

Penso alla Universal che si è lasciata sfuggire Tommy Kuti, unico artista nero dell’etichetta.

C’è discriminazione nel panorama discografico italiano.

Invece nel resto dell’Europa è un’altra cosa.

In Germania, per esempio, organizzano una manifestazione di successo come l’Africa Festival. L’ultima volta che mi sono esibita lì avevo di fronte un pubblico di cinquemila persone.

Quest’artista vanta una media di un centinaio di concerti all’anno sulla scena internazionale con tappe in tutta Europa, Canada e Indonesia.

Ecco un assaggio del suo talento con un pezzo scritto poco prima di partire per il suo viaggio in Senegal, Roots and Culture (Radici e Cultura).