“Bisogna isolare lo scimpanzé”, la prof chiama così il suo alunno nordafricano



Spoleto, PERUGIA. Lo scorso ottobre, una professoressa di una scuola media ha detto alla classe:

Bisogna isolare quello scimpanzé, non dovete parlare con lui

riferendosi all’alunno di origine nordafricana, che quel giorno non era presente.

Il 13enne è stato avvertito con un messaggio vocale dai suoi compagni di classe e suo padre ha sporto querela ai carabinieri.

A distanza di mesi, il genitore ha deciso di rendere noto l’episodio su facebook:

Ho aspettato tutto l’anno scolastico che succedesse qualcosa, a fronte del fatto che un ragazzino non andava più a scuola.

Ho aspettato che l’istituto prendesse provvedimenti nei confronti di una professoressa e insegnante di sostegno.

Ma non è successo niente.

Gli hanno anche mandato un messaggio vocale, nel quale gli spiegavano cos’era successo in sua assenza.

Da ottobre ad oggi è stato un disastro, mio figlio non voleva più andare a scuola e solo con l’aiuto di uno psicologo è riuscito a riprendere con le lezioni.

Anche se lo specialista mi ha detto che era stato fatto un grosso danno: non si sentiva più a suo agio in classe.

Dopo cinque, sei sedute ha ritrovato quel minimo di tranquillità per rientrare in classe, poi però è ripresa la didattica a distanza.

Si è trattato di un comportamento ignobile, non mi era mai accaduto niente di simile in più di trent’anni in Italia.

Mi aspettavo almeno un tentativo di riconciliazione, che l’insegnante si scusasse, ma niente.

Non è tollerabile, sopratutto per chi crede nell’etica e nella giustizia.

A questo punto sono stato costretto prima a denunciare, poi a raccontare a tutti.

E non si tratterebbe di un caso isolato. Il genitore racconta di avere le prove digitali, già fornite agli inquirenti, utili ad accertare i fatti: un anno prima ci sarebbero stati degli attriti anche con un’altra insegnante che chiamava il ragazzo con una versione italianizzata del nome arabo, ignorando le pretese dello studente di essere chiamato con il nome di anagrafe.

Di fronte alle precisazioni del ragazzo, l’insegnante avrebbe risposto con la frase:

Io ti chiamo come mi pare, se non ti sta bene tornatene al tuo Paese.

Il genitore racconta anche come questi episodi siano stati riportati alla dirigenza della scuola, senza avere nessun seguito.

Noi attribuiamo le responsabilità esclusivamente a chi si è rivolto in modo così grave a nostro figlio e sappiamo che l’errore di una o di poche persone non possono rappresentare un’etichetta negativa per l’intera scuola.

Non posso però nascondere che ci saremmo aspettati qualche intervento più deciso

spiega il padre del ragazzo.

L’adolescente non avrebbe mai avuto problemi particolari con i compagni di classe. Solo in un’occasione, nella denuncia, è riportato lo screzio con un compagno di scuola, forse però riconducibile più alle dinamiche tra adolescenti che ad altro. Anche in quel caso, però, la provenienza del ragazzino sarebbe stata rimarcata in modo offensivo.

Il parlamentare umbro del Pd Walter Verini ha detto che il Ministro del­l’Istruzione Patrizio Bianchi ha disposto una serie di accertamenti sul caso di razzismo:

Quanto denuncia­to è incredibile nel­la sua estrema gravi­tà.

Il razzismo bull­ista è una delle pia­ghe con le quali ci scontriamo ogni gior­no ma assume una gravità assoluta se si verifica all’interno di istituzioni scol­astiche ed educative.

Per questo è ur­gente che si verific­hino scrupolosamente i fatti.

Il ministro mi ha detto che non si debbono fare “p­rocessi in piazza” ma che ci vuole tolle­ranza zero se quanto denunciato risponde­sse alla realtà.