Il concetto di Black culture (cultura nera) ha iniziato ad emergere negli anni ’60 con il movimento Black is beautiful (il nero è bello), il quale ha stravolto gli ideali eurocentrici, chiedendosi se le caratteristiche della comunità bianca definissero effettivamente il canone di bellezza tradizionale.
Gli uomini e le donne di colore furono incoraggiati a non schiarire più la loro pelle con cosmetici (una prassi assai comune al tempo) e a non lisciare i capelli, rafforzando l’afro come simbolo dell’attivismo politico.
L’attivista Angela Davis, è nota come l’incarnazione della moda legata a quel periodo storico: capelli naturali, maglioni a collo alto e catenine d’oro.
Infatti, la rivoluzione culturale della Black Culture si è incentrata soprattutto sull’abbigliamento quale affermazione dell’eredità africana e della riscoperta del sentimento di appartenenza al continente africano.
Per esempio, l’utilizzo di un pettine con il manico a forma di pugno, sistemato tra i capelli afro è stato un modo per affermare con orgoglio la fedeltà politica e culturale al movimento Black Power.

Non è un segreto che un gran numero di tendenze, stili e movimenti che si sono susseguiti nel corso della storia della moda siano nati e siano stati resi popolari dalla comunità nera, dalle influenze dell’epoca Motown alla nascita delle culture hip hop e rap.
Il rapporto tra la Black Culture e l’industria della moda è sempre stato piuttosto ambiguo, non solo perché troppo spesso le case di moda si sono appropriate di trend o usanze tipicamente “nere” trasformandole e commercializzandole, ma soprattutto perché il concetto di diversità è ancora molto dibattuto.
1.Sneaker con lacci grossi
Alla fine degli anni ’80, i giovani del ghetto di New York iniziano ad allacciare le scarpe in modo completamente diverso: invece di far passare i lacci sotto e poi sopra, facevano il contrario, andando prima sopra e poi sotto.
Poi, sono passati a utilizzare lacci grossi e spessi che non passavano inosservati. I lacci normali venivano allungati e dipinti grazie all’azione di amido e ferro da stiro.
Era questo un primo indizio per capire immediatamente chi fosse cool e chi no.
Da allora il trend ha preso piede, tanto che brand come adidas, PUMA e Nike hanno iniziato a produrre lacci più spessi e larghi.
2. Snapback
Lo snapback, cioè il cappellino con la visiera rivolta all’indietro, conquista la scena streetwear verso la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, quando artisti e attori del calibro di Tupac Shakur, il Principe di Bel-Air aka Will Smith e Ice Cube iniziarono ad indossarli nei loro videoclip, show e film.
3. Orecchini a cerchio
L’origine degli orecchini a cerchio è molto discussa. Si dice che risalgano addirittura alle antiche donne sumere nel 2500 A.C. e ai pirati del ‘600.
Negli anni Sessanta gli orecchini a cerchio divennero molto popolari all’interno della cultura streetwear durante il movimento del Black Power negli Stati Uniti: le donne li indossavano come simbolo di un abbigliamento afrocentrico.
Da allora, questo tipo di gioiello non ha mai lasciato il mondo della moda. È stato reinterpretato praticamente dalle case di moda di tutto il mondo.
4. Sagging Pants
Il trend dei pantaloni “calati” è stato uno dei più popolari e discussi tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila.
Consisteva principalmente nell’indossare una cintura larga, o alle volte non portandola proprio, lasciando che i pantaloni calassero sotto alla cinta, a mostrare l’intimo.
Molte fonti riportano che il trend iniziò nelle carceri americane, in cui le cinture erano vietate per motivi di sicurezza, costringendo i detenuti ad indossare pantaloni anche molto larghi.
Negli anni Novanta gli artisti rap e hip-hop adottano questo stile come simbolo, perché era considerato figo e motivo di vanto aver trascorso del tempo in prigione.
5. Bucket Hat
Negli anni ’80, il cappello da pescatore fa il suo ingresso nella comunità hip hop.
Si dice che la prima di molte celebrità ad indossare questo tipo di cappello fu il rapper americano Big Bank Hank durante una performance nel 1979.
Il rapper fu subito imitato da Run-DMC, LL Cool J and Jay Z. Da allora il bucket ha rubato la scena sulle passerelle di mezzo mondo.
6. Logomania
È impossibile parlare di logomania senza nominare uno dei padri fondatori dello streetwear, Dapper Dan.
L’icona di stile iniziò a lavorare nella sua boutique ad Harlem, New York, negli anni Ottanta. Dan cominciò a stampare illegalmente i loghi di Gucci, Louis Vuitton e Fendi per utilizzarli su indumenti in pelle, in modi assolutamente innovativi: le sue creazioni con loghi all-over non comprendevano solo vestiti, ma anche interni di auto, tende e mobili.
La sua attività venne chiusa dalla polizia nel 1989, ma Dan poteva contare sull’appoggio della comunità rap e hip hop americana.
Oggi la logomania è un trend più forte che mai, protagonista sulle passerelle di Gucci, Louis Vuitton, Fendi e Dior.
7. Grillz
L’usanza di ricoprire i denti con oro e argento risale agli antichi Etruschi e alla cultura Maya, quando le donne benestanti indossavano gioielli in oro e giada come simbolo della loro ricchezza e della loro classe sociale.
Negli anni Ottanta il trend tornò di moda grazie al musicista dancehall giamaicano Shabba Ranks che era solito portare un dente d’oro.
La tendenza fu poi accolta dagli artisti hip hop di New York come Raheem the Dream e Kilo Ali.
Nella moda, in particolare, la Black Culture è oggi molto radicata e fertile, e sta ottenendo attraverso riviste di moda, fotografia, grandi schermi e social media una fondamentale attenzione.
Il fotografo Quil Lemons ha affermato:
L’influenza della Black Culture non può essere quantificata.
La sua influenza è troppo grande per essere compresa.
Nel 2020 ha toccato ogni angolo di quella internazionale, e così continuerà a fare nei prossimi anni.
Ciò che ha reso unico il 2020 è che i creativi di colore stanno finalmente iniziando a vedere i propri meriti celebrati e a farsi riconoscere per il loro talento.
Spero che questo continui.
L’hairstylist Issac Poleon ha aggiunto:
Penso che il Movimento Black Lives Matter sia stato un forte sostegno per la Black Culture e abbia aperto gli occhi che erano ancora chiusi, mettendo in luce gli svariati modi in cui Black Art e Black Culture hanno agito in questo mondo.
Credo che questo ci abbia mostrato quanto lontano siamo arrivati, ma anche quanto lontano dobbiamo andare.
Credo che le voci della comunità nera siano state amplificate e ascoltate.
Per la prima volta, sento che il cambiamento sta per arrivare, ed è una sensazione incredibile.
Credo che questo porterà a un futuro di integrazione!
L’imprenditore Fadzi Mkandla, fondatore della piattaforma mTag, ha spiegato:
La nostra cultura rende innegabilmente le cose nuove e di conseguenza le fa diventare di tendenza, il che fa aumentare la domanda di prodotti per miliardi ogni anno, soprattutto nel settore della moda.
Ma questo valore finisce per non spettare direttamente a noi, ma viene sistematicamente raccolto da chi ospita la nostra cultura.
Attraverso mTag abbiamo sostanzialmente costruito dei canali digitali che chiunque può usare su qualsiasi piattaforma, collegando i contenuti dei Black creatives (e non solo) a vicenda, affinché ci sia un apprezzamento per i content creator di colore e un guadagno diretto.
Se raggiungiamo il nostro obiettivo. che è quello di rendere questi canali parte del tessuto stesso di internet, allora la nostra cultura, insieme a tutti i creatori di media del mondo, sarà economicamente potenziata per sempre.
Come ha ben illustrato lo stilista nigeriano Stephen Tayo:
Penso che sia un vero peccato che quando la gente riflette sull’importanza e la rilevanza dell’esistenza della Black Culture, è in concomitanza di una protesta o di un incidente, e le vittime di questi sono membri della comunità di colore.
La nostra influenza non dovrebbe essere visibile solo quando rientra in un’agenda.
Quello che penso, a proposito del futuro, è che sarà pieno di possibilità solo se le persone di colore non dovranno protestare per giustificare la propria esistenza.
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