Sono passate due settimane da quando la Gran Bretagna ha finalmente tagliato i suoi legami con l’Unione Europea.
Finalmente può essere una nazione sovrana, purtroppo però le sue condizioni sono peggiorate rispetto al 1° gennaio.
La Brexit è solo una fase di un lungo processo che investe quest’isola al largo della costa dell’UE .
Innanzitutto, c’è una crisi nella distribuzione di cibo tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dove i grandi supermercati stanno soffrendo ingenti carenze di scorte alimentari.
Andrew Opie del British Retail Consortium ha dichiarato alla commissione Brexit che la situazione peggiorerà quando il “periodio di grazia” per la Brexit finirà il 31 marzo.
Innanzitutto, c’è una mole di documenti da sistemare per regolare il commercio oltre Manica e nell’Unione Europea.
Ian Wright della Food and Drink Federation ha detto ai parlamentari del comitato Brexit che un lavoro che in genere richiedeva tre ore prima della Brexit, ora richiede cinque giorni. Al momento, forze dell’ordine e commercianti sono all’oscuro sulle nuove regole in merito all’esportazione.
L’associazione Food and Drink scozzese ha avvertito che gli esportatori di pesce stanno perdendo 1 milione di sterline ogni giorno.
Infine, è terminata la piena cooperazione di polizia e sicurezza tra il Regno Unito e l’UE. Gemma Davies, docente dell’università Northumbria, ha definito la Brexit
un declassamento della sicurezza
e ha evidenziato come il principale problema sia la perdita di accesso ai dati in tempo reale.
Come tutti i nuovi progetti, anche questo “divorzio” rivela problemi iniziali e sicuramente una volta partiti con l’applicazione e la sperimentazione delle nuove regole, ci saranno occasioni in futuro per apportare le giuste modifiche.
Allo stato attuale delle cose, però, questo approccio si rivela solo un modo molto ottimistico di guardare ai problemi che devono affrontare gli oltre 50mila produttori britannici il cui unico commercio è con l’UE.
Inoltre, le soluzioni alternative devono essere compatibili con la legge sul mercato sia a livello nazionale che “extracomunitario”.
La realtà attuale è che tutte le catene di approvvigionamento UE-Regno Unito dovranno essere riprogettate nei prossimi mesi. Le implicazioni economiche e occupazionali sono enormi, soprattutto nel bel mezzo della pandemia.
L’incertezza si estende in profondità anche ad altre aree dell’economia e della società. Dal momento che Londra non può più essere il centro finanziario dell’UE, i servizi finanziari del Regno Unito sembrano destinati a essere sminuiti. Così come si ridurrà l’attrattiva delle università del Regno Unito per studenti e ricercatori.
Si tratta di un processo molto delicato in cui la Gran Bretagna dovrà principalmente lavorare con l’UE piuttosto che assumere un atteggiamento competitivo, sia nel commercio sia nella politica estera in generale.
La sensazione iniziale, che ha riscosso molto successo e da cui è scaturita la spinta che ha portato alla Brexit, è che l’UE “facesse ombra” alla Gran Bretagna e ai britannici. Ma per il cambiamento non è mai stata messa a punto una pianificazione ad hoc.
Il declino della posizione della Gran Bretagna nel mondo è un pericolo reale e crescente.
Robin Niblett, capo degli affari esteri, ha scritto:
la Gran Bretagna fallirà dopo la Brexit se tenterà di reinventarsi come “una mini grande potenza.
L’ex ministro del governo David Lidington è convinto che, nel corso del tempo, si creeranno “accordi di associazione” tra Gran Bretagna ed Europa.
Questo non comporterà mai un ritorno britannico all’UE, ma le molteplici relazioni tra Gran Bretagna ed Europa sono imprescindibili e inevitabili. Molte decisioni dovranno essere prese e le cose dovranno evolversi.
La Brexit non potrà, almeno per ora, essere definita “una questione risolta”.
Lascia un Commento