Le crescenti preoccupazioni sull’impatto ambientale delle cannucce di plastica hanno spinto molte aziende a cercare alternative sostenibili. Tra queste soluzioni, le cannucce di carta si sono guadagnate una certa popolarità nel limitare l’inquinamento terrestre e marino.
La plastica impiega centinaia di anni per degradarsi e può causare danni irreparabili ai vari ecosistemi. Inoltre, la produzione di plastica richiede l’estrazione di petrolio e il consumo di risorse non rinnovabili, contribuendo così in maniera negativa al cambiamento climatico.
Le cannucce di carta, invece, presentano degli importanti vantaggi:
1. Biodegradabilità: sono compostabili e si decompongono rapidamente, riducendo così il rischio di inquinamento ambientale nel lungo periodo.
2. Minore impatto climatico: la produzione di cannucce di carta genera una minore quantità di emissioni di gas serra rispetto alla loro controparte in plastica.
3. Sensibilizzazione ambientale: l’utilizzo di cannucce di carta può sensibilizzare i consiumatori sull’importanza di ridurre l’uso della plastica e di adottare comportamenti più sostenibili.
Nonostante questi vantaggi evidenti, è importante affrontare anche le sfide associate al loro utilizzo. Alcune di queste sfide sono:
1. Minore resistenza ai liquidi: le cannucce di carta diventano molli e meno funzionali se rimangono immerse in un liquido per un periodo prolungato.
2. Maggiore costo: tendono ad essere leggermente più costose delle cannucce di plastica, influendo negativamente sui costi operativi di ristoranti e aziende.
3. Gestione dei rifiuti: anche se sono biodegradabili, è importante smaltirle correttamente in modo che possano decomporsi in un ambiente adatto.
A questo si aggiunge uno studio appena pubblicato sulla rivista Food Additives and Contaminants. Un team di ricercatori dell’Università di Anversa (Belgio) ha realizzato il primo esperimento in Europa su cannucce eco-friendly, sollevando grossi dubbi in fatto di sicurezza ambientale e umana.
La loro analisi mirava alla ricerca dei cosiddetti “forever chemical”, cioè sostanze “eterne” che si decompongono molto lentamente nel tempo e possono persistere per migliaia di anni nell’ambiente. Si chiamano Pfas (sostanze chimiche sintetiche poli e perfluoroalchiliche) da tempo sotto accusa in quanto, oltre ad essere inquinanti, sono potenzialmente dannosi anche per la salute umana. Sono collegati a una serie di problemi, tra cui danni al sistema immunitario, malattie endocrine, aumento dei livelli di colesterolo, danni al fegato, cancro ai reni…
L’analisi ha rivelato che 27 marche di cannucce su 39 contenevano tracce di Pfas, per un totale di 18 differenti sostanze chimiche.
Ovviamente, i pericoli in caso di esposizione alle sostanze chimiche, in generale, dipendono sempre dalla frequenza con cui si entra in contatto o vengono ingerite quotidianamente. I livelli di Pfas individuati nelle cannucce sono molto contenuti e, di norma, non costituiscono un alto rischio per i consumatori. Tuttavia, in caso di utilizzo estremamente frequente, l’accumulo di sostanze nell’organismo nel corso degli anni potrebbe rivelarsi potenzialmente dannoso.
Gli studiosi hanno tentato di giustificare la presenza di questi Pfas con la necessità di rendere le cannucce idrorepellenti, quindi più resistenti al contatto con le bevande.
Peccato che tutto lo sforzo di rendere sostenibili queste cannucce sia invano, perché queste sostanze non sono per niente biodegradabili.
Thimo Groffen, uno degli autori dello studio, consiglia in alternativa:
Non abbiamo trovato Pfas nelle cannucce in acciaio e quindi consiglierei ai consumatori di scegliere questo tipo di cannucce, o anche meglio, di evitarne del tutto l’utilizzo.
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