Jacopo ha 8 anni e un grave ritardo mentale e motorio: non parla, gattona e ha attacchi di epilessia.
È la sindrome da microdelezione 5q14.3, una malattia talmente rara che di casi conosciuti nel nostro paese ce ne sono solo 14.
Nicoletta ha già trovato sette bambini con la stessa sindrome di suo figlio, ma vuole trovare gli altri sei che in Italia fanno i conti con questa patologia.
Così ha creato la pagina Facebook “Famiglie 5q14.3 mef2c Italia“.
Ci si può aiutare a vicenda, ti dà la forza di uscire dall’isolamento perché hai la consapevolezza di parlare a chi è nella stessa tua situazione.
Più si è e più aumenta la speranza che la ricerca faccia qualcosa che si possa creare una fondazione per raccogliere fondi per aiutare chi soffre di questa patologia.
Troppe volte mi sono sentita dire: sa, signora, la sindrome di suo figlio è troppo rara, non possiamo fare di più.
Una cosa che una madre non vorrebbe mai sentirsi dire.
Nicoletta si accorge fin dalla nascita che suo figlio ha qualcosa che non va in confronto alla sorellina gemella Sofia:
Iacopo non si attaccava al seno, piangeva spessissimo, vomitava, aveva il reflusso.
E poi, nonostante fosse neonato, capivo che non mi guardava mai.
Il pediatra notò dopo un po’ di settimane che si muoveva troppo, non stava mai fermo.
A tre mesi non riusciva a tenere la testolina dritta sul collo e non rideva.
Da lì in avanti fu il calvario, quello che passano tutte le famiglie prima di capire quale malattia o disagio ha un figlio: risonanze magnetiche al cervello, analisi, specialisti.
A un anno e mezzo, Jacopo ebbe il suo primo attacco epilettico.
Poco dopo fu fatta la diagnosi.
Ci cascò il mondo addosso: i primi tre anni piangeva sempre.
A casa mia non si dormiva mai.
Oggi Jacopo non cammina, ma gattona. Non parla, ma la sua famiglia riesce comunque a comunicare in qualche modo con lui.
Noi siamo fortunati, abitiamo a Roma dove c’è il “Bambino Gesù” che lo segue.
Ma penso agli altri ragazzi con la stessa sindrome che magari vivono in altre città dove non c’è tutta questa assistenza o un ospedale dedicato ai bambini.
La situazione in questi casi è davvero insostenibile perché chi soffre di questa sindrome ha bisogno di essere accudito continuamente.
Nicoletta è un agente di viaggio e fortunatamente non ha dovuto lasciare il lavoro in seguito alla nascita dei gemelli:
Continuo a fare il mio mestiere, questo perché la mattina Jacopo è a scuola.
Ma l’accettazione della nascita di un figlio che non è sano è un percorso lungo e faticoso.
Io ho fatto il mio.
All’inizio mi domandavo continuamente perché? Perché’? Perché?
Mi rattristava così tanto vedere mio marito che aspettava con ansia la nascita di un maschietto sognando un giorno di giocare a pallone con lui.
E invece… non accadrà mai.
Ma, dopo 8 anni, possiamo dire con tutto il cuore che Iaio e, naturalmente, Sofia, sono la nostra gioia.
Ecco, vorrei trovare altri genitori nelle nostre condizioni anche per dargli coraggio e la forza di trovare anche le tante cose belle che questi bambini sono capaci di dare.
Al di là delle notti insonni, la fatica fisica e la preoccupazione per il loro domani.
Quindi, contattateci, vi aspettiamo.
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