Emergenza medici e infermieri: le aziende sanitarie violano la legge e non reclutano personale medico straniero



Continua a essere dichiarata “emergenza sanitaria”, eppure proprio nel momento di necessità ancora una volta si dà priorità alla politica di esclusione degli “stranieri”.

Solo pochi mesi fa, decine di medici cubani volontari sono giunti in Italia per offrire il proprio contributo alla sanità italiana, messa in ginocchio dalla pandemia. (Leggi qui).

“Quota 100”, la misura di pensionamento anticipato (per cui Salvini è ancora sul piede di guerra contro Conte, che ha annunciato l’addio del progetto triennale) ha mandato a casa migliaia di operatori sanitari, ai quali è stato offerto di rientrare in servizio per dare una mano agli ospedali.

Da marzo 2020, grazie all’art. 13 del “Decreto Cura Italia”, convertito in Legge n. 27/2020, possono essere assunti

alle dipendenze della pubblica amministrazione per l’esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio-sanitario… tutti i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo ogni altro limite di legge”.

Ma come denunciano i legali delle associazioni Asgi, Lunaria e Italiani senza cittadinanza in un appello pubblico:

inspiegabilmente, le amministrazioni di Ospedali e Aziende sanitarie stanno completamente ignorando questa disposizione e continuano a bandire concorsi che, quanto ai medici, richiedono il requisito della cittadinanza italiana o di paesi dell’Unione Europea.

Tutto questo accade in Lombardia, in Lazio, in Piemonte , in Basilicata, nel Molise, in Sicilia, in Calabria.

Secondo quanto spiegano i legali, questo contrasterebbe comunque con il DPCM 174/94, il quale prevede che

i posti di lavoro che richiedono la qualifica dirigenziale (e quindi anche tutti i posti di lavoro di medico) dovrebbero essere riservati ai soli cittadini italiani, con esclusione, quindi, persino dei cittadini UE.

Il Consiglio di Stato ha già sancito in più occasioni che il predetto DPCM è illegittimo per contrasto con il Trattato dell’Unione e deve pertanto essere rivisto.

Secondo l’Amsi (Associazione medici stranieri in Italia) in Italia sono presenti circa 77.500 persone aventi cittadinanza straniera con qualifiche sanitarie: tra cui 22mila medici, 38mila infermieri, e poi fisioterapisti, farmacisti, odontoiatri e altri professionisti della sanità. Ma solo il 10% riesce ad accedere a posti di lavoro nell’ambito della Sanità pubblica.

Si tratta di potenziale “forza-lavoro” che la Nazione ha a disposizione per compensare la carenza di personale medico che sarebbe necessario:

  1. per curare tutte quelle persone che giornalmente vengono intubate o sottoposte a ventilazione assistita e per impedire che diventino un altro numero tra le cifre dei decessi sulle testate giornalistiche.
  2. per assistere tutte le altre persone che soffrono di altre patologie altrettanto gravi ma che stanno finendo nel dimenticatoio.
  3. per continuare a garantire prestazioni mediche a tutte le altre situazioni non urgenti e non gravi.

Questo non è il momento di fare distinzioni di cittadinanza, soprattutto se quanto applicato non garantisce il rispetto di una legge già vigente.

Marco Grimaldi, consigliere regionale piemontese di “Liberi Uguali Verdi”, ha attaccato la Giunta regionale, guidata da Alberto Cirio sostenendo che

i nostri ospedali sono a un passo dal collasso e il nostro personale sanitario è allo stremo, costretto a turni massacranti e sempre sotto pressione, occorre lasciare da parte le proprie posizioni politiche e agire, tutti, per il bene della nostra comunità.

Invito pertanto Cirio e la sua maggioranza leghista a tornare sui propri passi e aprire i bandi anche a medici, infermieri e personale sanitario extracomunitario.

Anche il Segretario Regionale del Pd, Paolo Furia, si domanda il perché di

questa limitazione ideologica, irragionevole e nociva.

ci si mette a fare questioni di origine e di nazionalità proprio nel momento in cui il bisogno di personale è al massimo.

Secondo le tre associazioni

occorre porre mano rapidamente alla materia e darle un nuovo assetto, che tenga conto del contributo che i sanitari stranieri possono dare nell’emergenza, ma anche del dovere della pubblica amministrazione di garantire , nell’interesse della collettività, l’accesso ai posti di lavoro ai più capaci e meritevoli, senza distinzioni di cittadinanza.