Namibia: Herero e Nama, il primo genocidio del Novecento

Conferenza di Berlino (15 novembre 1884-23 febbraio 1885)

Le grandi potenze europee decidono la spartizione del continente africano sulla base di propri interessi ideologici e geografici, senza tener minimamente conto delle caratteristiche storiche, antropologiche e culturali dei gruppi etnici che vi abitano, producendo di conseguenza effetti devastanti: smembramento di intere comunità etniche, espropriazione di terre e di bestiame d’allevamento, schiavitù, povertà.

Ai “nuovi padroni” interessa salvaguardare i propri interessi e sfruttare le risorse locali impiegando con l’uso della forza gli indigeni, popoli ritenuti arretrati o selvaggi.

La campagna coloniale tedesca in Africa è particolarmente intensa e violentemente razzista. Nel 1831 Hegel, filosofo dell’idealismo tedesco, descrive così la natura dei “negri africani” durante le sue lezioni universitarie di filosofia della storia:

 

“Nell’Africa vera e propria (l’Africa subsahariana) è la sensibilità il punto a cui l’uomo resta fermo: l’assoluta incapacità di evolversi. Egli manifesta fisicamente una grande forza muscolare, che lo rende atto a sostenere il lavoro, e bonarietà d’animo, ma accanto ad essa anche una ferocissima insensibilità. […] L’Africa, per tutto il tempo a cui possiamo storicamente risalire, è rimasta chiusa al resto del mondo. È il paese dell’oro, che resta concentrato in sé: il paese infantile, avviluppato nel nero colore della notte al di là del giorno della storia consapevole di sé. […] Gli Europei non hanno quindi acquistato che poca conoscenza dell’interno dell’Africa; per contro, qualche volta ne sono usciti fuori popoli che si sono dimostrati così barbari e selvaggi, da escludere ogni possibilità di annodar relazioni con essi. […] In questa parte principale dell’Africa non può aver luogo storia vera e propria. Sono accidentalità, sorprese, che si susseguono. Non vi è un fine, uno stato, a cui si possa mirare: non vi è una soggettività, ma solo una serie di soggetti che si distruggono. […] Caratteristico dei negri è infatti proprio che la loro coscienza non è giunta alla contemplazione di una qualsiasi salda oggettività − come ad esempio Dio, legge − a cui possa aderire la volontà dell’uomo e in cui egli possa giungere all’intuizione della propria essenza. […] Il negro rappresenta l’uomo nella sua totale barbarie e sfrenatezza: per comprenderlo, dobbiamo abbandonare tutte le nostre intuizioni europee. Nel suo carattere non si può trovar nulla che abbia il tono dell’umano. Appunto per ciò non ci possiamo immedesimare davvero, col sentimento, nella sua natura, come non possiamo immedesimarci in quella di un cane. […] Simile assoluta svalutazione dell’uomo spiega come la schiavitù costituisca in Africa il rapporto basilare del diritto. L’unico rapporto essenziale che i negri hanno avuto, ed hanno, con gli Europei è quello della schiavitù. I negri non vedono in essa nulla che sia sconveniente. In questo senso la schiavitù ha contribuito a risvegliare un maggior senso di umanità presso i negri. […] La schiavitù è ingiustizia in sé e per sé, perché l’essenza dell’uomo è la libertà: ma per giungere a questa egli deve prima acquistare la maturità necessaria. […] Da tutti questi tratti risulta che ciò che caratterizza l’indole dei negri è la sfrenatezza. Questa loro condizione non è suscettibile di alcun sviluppo o educazione” [G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, trad. it. La Nuova Italia, Firenze, 1963, pp. 236-244].

 

Il colonialismo tedesco

La Germania ottiene il Protettorato sui paesi dell’Africa sudoccidentale, tra cui la Namibia. I tedeschi approfittano delle accese rivalità tra gli Herero e i Nama, due gruppi etnici che si fanno guerra da decenni.

Gli Herero sono organizzati allevatori di bestiame, ritenuto una grandissima ricchezza e fonte di prestigio sociale. L’intera economia di questo popolo ruota intorno alla pastorizia e al commercio dei prodotti ricavati da quest’attività.

Gli uomini si spostano di continuano per accaparrarsi i pascoli più favorevoli, entrando spesso in conflitto con altre popolazioni africane per il controllo dei territori. I contrasti più significativi si hanno con i Nama, un popolo inizialmente cacciatore che si reinventa come allevatore. Questa circostanza segna la nascita dei primi attriti che successivamente degenerano in guerra aperta.

(Si stima che nel conflitto bellico la popolazione Herero si sia ridotta del 75% e che i sopravvissuti si siano dispersi all’interno e all’esterno della Namibia.)

Gli Herero non oppongono resistenza all’arrivo dei tedeschi, anzi stipulano accordi con i coloni nella speranza di ricevere un aiuto contro i Nama, ma non ne ricavano nulla di buono.

I tedeschi, alimentati da una complessa ideologia di superiorità razziale, instaurano un regime di discriminazione razziale: confiscano terre e bestiame, violentano le donne, uccidono i rivoltosi, profanano i luoghi religiosi, dissacrano cultura e tradizioni.

Tombe di antenati Herero saccheggiate alla ricerca di crani da prelevare e mettere in commercio

 

Herero e Nama si alleano

Di fronte ai continui soprusi, la tradizionale rivalità fra gli Herero e i Nama viene meno e i due popoli si coalizzano contro l’intollerabile dominazione bianca. Il 12 gennaio 1904 gli Herero, guidati da Samuel Maharero, colgono di sorpresa i tedeschi: annientano il piccolo presidio di Waterberg, uccidono 123 coloni e riescono a distruggere un tratto ferroviario strategico, nodo di comunicazione tra il cuore della colonia e l’esterno.

Samuel Maharero

Gli Herero sconfiggono i coloni più volte in battaglie aperte, costringendoli a battere in ritirata. La Namibia è nelle mani dei ribelli, ma a un certo punto questi commettono un errore fatale: pensando di aver vinto la guerra, si ritirano. I Nama, d’accordo con gli Herero nel combattere i tedeschi, ritardano l’inizio delle operazioni belliche. Queste due circostanze consentono agli invasori di riorganizzarsi.

Dalla madrepatria arriva il generale Lothar von Trotha con una legione di 20mila uomini armati di artigliera pesante.

Lothar von Trotha

L’inizio dello sterminio

L’11 agosto 1904 le truppe tedesche sconfiggono gli Herero nella battaglia di Waterberg. I sopravvissuti vengono deportati fino al deserto del Kalahari. I soldati uccidono quelli che non riescono a proseguire la marcia e costringono gli altri a spingersi nel deserto. Trotha fa avvelenare i pochi pozzi d’acqua dell’area per impedire agli Herero di tornare indietro.

Il 2 ottobre 1904 von Trotha proclama pubblicamente:

 

“Io, generale delle truppe tedesche, indirizzo questa lettera al popolo herero. D’ora in poi gli herero non sono più sudditi tedeschi. Hanno ucciso, rubato […] Tutti gli herero devono lasciare il Paese. Qualsiasi herero scoperto all’interno del territorio tedesco, armato oppure no, con oppure senza bestiame, sarà ucciso. Non sarà tollerata neppure la presenza di donne o bambini che dovranno raggiungere gli altri membri della loro tribù [ossia morire di sete nel deserto] altrimenti saranno fucilati.” [Cit. da Zimmerer J., Colonialism and Nazy Genocide: towards an Archeology of Genocide, in A.D. Moses, a cura di, Genocide and Settler Society, Berghahn Books, New York 2004, p. 65].

 

Con gli Herero in ritirata tra le dune del Kalahari, i Nama si attivano concretamente dando vita ad una lunga guerriglia, guidata da Hendrik Witbooi e terminata nel 1907 con una sconfitta.

Hendrik Witbooi

I campi di sterminio

Il governo tedesco incarica von Trotha di costruire dei campi di concentramento dove rinchiudere tutti i superstiti indigeni e costringerli ai lavori forzati.

Deportazione

Il razzismo e lo spirito di vendetta si manifestano in un trattamento disumano dei prigionieri (malnutrizione, freddo, lavoro pesante, stupri e violenze fisiche), determinando un altissimo tasso di mortalità. Moltissimi detenuti vengono uccisi sommariamente, molte donne vengono stuprate, altri Herero e Nama vengono usati come cavie per esperimenti scientifici. Centinaia di teschi umani vengono spediti in Germania per scopi scientifici. Le stime sul numero totale delle persone uccise nello sterminio variano molto, tra i 25mila e i 100mila.

genocidio herero nama storia

(Molti storici credono che le pratiche messe in atto in Namibia abbiano contribuito a creare le basi per il genocidio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.)

Il primo campo di concentramento viene collocato a Windhoek, ma il più conosciuto per l’elevato numero di morti è quello di Shark Island, soprannominato “L’isola della morte” per le estreme condizioni di crudeltà.

Il colonnello Ludwig Von Estorff, dopo aver visitato i campi, invia un telegramma al suo Comando il 10 aprile 1907 per sollecitarne la chiusura, giustificando così la sua richiesta:

 

Non posso incaricare i miei ufficiali di questi servizi da carnefice, né posso assumermene la responsabilità” [Cit. da I. Hull, Cultura militare e «soluzioni finali» nelle colonie: l’esempio della Germania guglielmina, in R. Gellately, B. Kierman, a cura di, Lo spettro del genocidio, Milano, Longanesi & C., 2006, p. 147].

 

Ufficialmente, i lavori forzati terminano il 1° aprile 1908, quando agli Herero e ai Nama viene revocato lo status di prigionieri di guerra, ma in realtà il loro impiego forzato nei progetti coloniali continua anche oltre tale data.

Un soldato tedesco sorveglia un gruppo di prigionieri namibiani, 1904-1908. Fotografia: National Archives of Namibia/AFP/Getty Images

 

Il riconoscimento

Il genocidio (atto violento eseguito con il preciso scopo di eliminare tutti gli appartenenti a un determinato gruppo etnico) degli Herero e dei Nama è stato un massacro caduto nel dimenticatoio. I tedeschi sono sempre scappati dalle loro responsabilità e hanno sempre sminuito la gravità dei fatti per non pagare le proprie colpe.

Nondimeno, il nuovo governo namibiano, istituito con l’ottenimento dell’indipendenza nel 1900, non ha fatto molto per promuovere il riconoscimento dello sterminio, temendo di perdere i finanziamenti che la Germania ancora continuava a versare. Inoltre, i discendenti dei coloni tedeschi in molti casi possiedono ancora le terre confiscate all’inizio del secolo scorso agli Herero.

La svolta si è avuta con le pressioni esercitate dai familiari delle vittime.

 

Cronologia dei fatti

1985 – l’ONU ufficializza lo sterminio come genocidio, definendolo il primo del XX secolo. Questo inaugura un difficile percorso di negoziati tra il governo tedesco e quello della Namibia per definire un eventuale risarcimento economico e l’ufficializzazione delle scuse pubbliche.

1988 – il presidente tedesco Roman Herzog si reca in Namibia per una visita istituzionale. Il capo Herero Munjuku Nguvauva richiede ufficialmente scuse pubbliche. Herzog esprime sentito rammarico e dispiacere per la vicenda ma non scuse formali, né tanto meno accetta la proposta di concedere un indennizzo agli indigeni.

2001 – i nativi formalizzano presso un tribunale americano un’istanza di indennizzo di 2,2 miliardi di dollari a carico della Deutsche Bank, rea di aver finanziato l’impresa coloniale.

2004 – le prime scuse ufficiali: il ministro Heidemarie Wieczorek-Zeul dichiara che i tedeschi accettano le proprie responsabilità storiche e morali, riconoscendo in pieno le proprie colpe e le atrocità commesse, ammettendo che quanto accaduto corrisponde in tutto e per tutto alla definizione ufficiale di genocidio. Tuttavia rifiuta categoricamente di concedere un risarcimento pecuniario, asserendo che i torti subiti dagli autoctoni sono ampiamente ripagati con gli aiuti economici che i tedeschi condedono alla Namibia dal 1990 per lo sviluppo dello Stato.

Viene reclamata anche la restituzione di quarantasette teschi di Herero, ancora conservati nelle università e nei centri medici tedeschi.

Namibia: Will Germany's talks over reparations for massacres in its former colony pave the way for justice?

2007 – il parlamento namibiano approva all’unanimità una nuova mozione per richiedere ufficialmente alla Germania un risarcimento per lo sterminio, ma quest’ultima si oppone nuovamente. Ammette di nuovo i propri delitti ma non intende riaprire il discorso degli indennizzi. Tuttavia garantisce disponibilità a incrementare gli aiuti finanziari che invia già regolarmente.

2015 – nuova causa presentata presso una corte statunitense: non ci sono abbastanza garanzie che i fondi dati dalla Germania alla Namibia finiscano ai discendenti delle persone morte nello sterminio, poiché Herero e Nama sono esclusi dalle trattative intercorse tra il governo tedesco e namibiano in merito alla distribuzione delle compensazioni.

Al posto dei risarcimenti diretti, la Germania propone di creare una fondazione per finanziare scambi culturali con i giovani della Namibia e diversi progetti di rinnovamento infrastrutturale in quattro differenti settori: formazione professionale, rifornimento elettrico, alloggi a prezzo accessibile e riforma della terra. Gli indigeni valutano la proposta tedesca come insufficiente a ripagare le torture subite e la giudicano una forma di non assunzione di colpa.

2018 – la chiesa evangelica tedesca celebra un culto commemorativo per riconsegnare le spoglie di indigeni – deportati in patria durante il periodo dei campi di concentramento – ai membri della rappresentanza namibiana. La Chiesa riconosce pubblicamente il genocidio e si impegna a rendere note le atrocità commesse.

Germany returns human remains from colonial-era Namibian genocide

2021 – la Germania assicura di pagare 1 miliardo di Euro sotto forma di aiuti per lo sviluppo del paese.

Sappiamo che durante il periodo di occupazione tedesca c’era la guerra, ma durante quel periodo è successo qualcosa di gravissimo, un genocidio. Ecco perché rifiutiamo l’accordo. Perché non soddisfa i bisogni delle comunità colpite.

(Esther Muinjangue, Presidente del Partito National Unity Democratic Organisation)

Oggi – I relatori speciali delle Nazioni Unite criticano il governo tedesco e namibiano per aver escluso gli Herero e Nama dai colloqui relativi al risarcimento per i crimini coloniali: li esortano a garantirne la partecipazione tramite un comitato consultivo e a rendere gli indennizzi ai diretti interessati e non al governo namibiano.

Un gruppo di avvocati namibiani ha presentano ricorso presso un tribunale namibiano, esortandolo a dichiarare anticostituzionali gli accordi del 2021 e a rinegoziarli.

Karina Theuer, esperta di diritto internazionale e consulente di avvocati in Namibia, ha affermato che sarebbe necessario avviare un nuovo processo negoziale

trasparente e conforme agli standard minimi legali.

Gaob Johannes Isaak, presidente della Nama Traditional Leaders Association, ha dichiarato che l’equo risarcimento

riporterebbe dignità, autostima e svolgerebbero un ruolo significativo nel nostro sviluppo e nell’educazione.

Fonte:

storiain

gariwo

the guardian