Quando finalmente la parola “libertà” arriva in Texas, altrove è già una vecchia notizia.
Il 19 giugno 1865, duecentomila uomini, donne e bambini ancora ridotti in schiavitù, in Texas, vennero a sapere della loro emancipazione: ben due anni e mezzo dopo che Lincoln aveva già proclamato la fine della schiavitù negli stati che si ribellavano all’Unione.
Juneteenth, la ricorrenza annuale che celebra il giorno in cui questa libertà posticipata è giunta in Texas, occupa una strana nicchia nella cultura americana, isolata all’interno della tradizione nera, come se la schiavitù e i suoi morti non modellassero la direzione della nazione nella sua interezza .
È facile associare questo crimine morale a una pura prerogativa del Sud. Ma come ha sottolineato l’eminente storico Ira Berlin nel suo libro The Long Emancipation (La lunga emancipazione):
In alcuni stati del Nord, dove un sistema di emancipazione graduale era stato avviato decenni prima, i proprietari di schiavi avevano un’ incentivante perversione a vendere gli schiavi bambini.
Le pattuglie di bianchi facevano incursioni per rapire i neri liberi nel nord e venderli in schiavitù negli stati del sud.
A Washington DC, dove l’emancipazione fu proclamata nel 1862, ancor prima della firma ufficiale, il governo federale rimborsava agli schiavisti il costo della proprietà umana persa, vale a dire che l’unica volta in cui gli Stati Uniti hanno sborsato soldi per offrire risarcimenti per la schiavitù, lo hanno fatto a beneficio dei bianchi.
I confini che circondavano la schiavitù non erano geografici, erano morali.
Juneteenth – forma contratta di June (giugno) e nineteenth (19°) – esiste in questo tipo di confine culturale, riconosciuto dagli afroamericani, scarsamente notato dalla maggior parte dei bianchi, perché abbracciare questa data richiede la volontà di sostenere l’eredità della schiavitù negli Stati Uniti.
Sussiste una certa reticenza a guardare in faccia alla storia. La separazione inconcepibile dei bambini dai loro genitori al confine meridionale degli Stati Uniti è un’azione che va contro i valori della nazione.
Eppure la separazione delle famiglie ha radici profonde nel passato americano. Non era affatto raro che i bambini venissero venduti all’asta separatamente dai loro genitori.
Questa è la stessa nazione che, nel diciannovesimo e ventesimo secolo, intenta a eseguire un’autoproclamata missione civilizzatrice, separava i bambini americani dalle loro famiglie.
Anche l’attuale sistema di assistenza all’infanzia riflette pregiudizi sistematici in merito all’allontanamento dei bambini dai propri genitori: i bambini neri hanno molte più di probabilità di essere portati via dalle loro case rispetto ai bambini bianchi, anche laddove la gravità dei problemi domestici si eguaglia.
Il valore centrale della storia è servire da inoculazione contro la stupidità, l’ignoranza e le crudeltà del passato. Eppure il fenomeno di separazione tra genitori e figli non si è esaurito con la scomparsa della storica istituzione che la giustificava, ma si è ripetuto in un momento storico diverso, in circostanze diverse, infliggendo un simile trauma ai bambini.
Nell’era Trump, la maggior parte dei bambini detenuti al confine, nel tentativo di entrare negli Stati Uniti, provenivano dal Messico.
Non stanno inviando le loro persone migliori.
I bambini vengono utilizzati da alcuni dei peggiori criminali della terra come mezzo per entrare nel nostro paese
aveva affermato Trump, accusando i messicani di essere criminali e stupratori.
Il procuratore generale Jeff Sessions aveva accusato le famiglie che arrivavano al confine di “contrabbandare” bambini nel paese, senza fare distinzione tra genitori di un bambino e trafficanti di esseri umani.
Laura Ingraham, su Fox News, ha fatto riferimento ai centri di detenzione:
Sono fondamentalmente come un campo estivo.
L’amministrazione Biden ha detto che aprirà ulteriori strutture per i migranti, dopo che le immagini di un centro di detenzione in Texas hanno mostrato bambini rannicchiati in stanze improvvisate e affollate.
La tendopoli gestita dal governo a Donna, al confine tra Stati Uniti e Messico, ospita 1.000 persone.
Da quando è entrato in carica a gennaio, Biden ha rimosso alcune delle restrizioni, introdotte dal suo predecessore, per coloro che entrano negli Stati Uniti.
La sua amministrazione ha invertito la politica di allontanare i minori non accompagnati al confine, optando invece per il collocamento temporaneo presso famiglie americane.
La segretaria addetta alla stampa della Casa Bianca ha affermato:
Queste foto mostrano quello che diciamo da tempo, ovvero che queste strutture di frontiera non sono luoghi idonei ad ospitare bambini.
Non sono luoghi in cui vogliamo che i bambini rimangano per un lungo periodo di tempo.
Rimandare indietro i bambini in questo viaggio insidioso non è, a nostro avviso, la scelta giusta da fare.
I bambini che si presentano al nostro confine che scappano dalla violenza, che scappano dalle persecuzioni, che scappano da situazioni terribili non sono una crisi, il loro benessere è una nostra priorità.
Riteniamo che sia nostra responsabilità affrontare umanamente questa circostanza e assicurarci che vengano messi in condizioni sicure.
Da gennaio, Biden ha ordinato il ricongiungimento dei bambini migranti con le loro famiglie e ha chiesto la revisione dei programmi di immigrazione legale sospesi dall’ex presidente.
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