La mia compagna di scuola Jenni stuprata dal maestro Giwa a 9 anni

Ogni volta che sento la parola “stupro”, mi torna in mente sempre una scena in particolare: un’enorme folla di persone che circonda il signor Giwa e, accanto a lui, una bambina di 9 anni di nome Jennifer, per tutti noi Jenni. Conoscevo Jennifer perché era una dei trenta compagni di classe che avevo quell’anno.

Ricordo ancora il signor Giwa (uno dei nostri insegnanti di quell’anno) come un uomo molto alto, o perché noi eravamo ancora piccoli o lui era veramente alto… Una cosa è certa, era più grande di qualsiasi altra persona. Parlava dolcemente, era elegante e ben vestito, una sorta di figura paterna che ogni genitore vorrebbe per i propri figli.

Un giorno, non appena la campanella suona per dirci che è giunto il momento dell’intervallo, quasi tutti i maschietti si precipitano verso il campo per giocare a calcio, perché la metà di noi sogna di diventare un ”Roberto Baggio” o “George Weah'”, mentre alcune delle ragazze rimangono in classe e gli  altri vanno semplicemente a fare una passeggiata.

Improvvisamente sentiamo un rumore enorme provenire da una folla riunitasi all’interno dei locali della scuola. Con un misto di paura, eccitazione e curiosità, ci avviciniamo in modo da poter intravedere in cosa consiste lo “spettacolo”, prima che finisca l’intervallo.  E chi vediamo lì in mezzo? Il signor Giwa… e accanto a lui, Jenni. Proprio mentre comincio a chiedermi: “Che ci fa Jenni lì accanto a lui?”, sento la gente urlare: “Li abbiamo beccati che facevano sesso”. È così che mi rendo conto che il maestro è mezzo nudo, e Jenni, la mia compagna di classe, una ragazza così giovane da poter essere sua figlia, ci stava facendo sesso.

Ricordo la mia rabbia proprio come quella di tutti intorno a me, ma non sapevo verso chi sfogarla. È probabile che io sia stato leggermente influenzato dagli altri studenti intorno a me, che lanciavano insulti a entrambi, o forse ero troppo piccolo io per capire che il signor Giwa aveva violentato una bambina, la figlia di qualcun altro che non poteva difendersi. Ricordo che Jenni non riusciva a sollevare lo sguardo verso la folla, provava una tale vergogna come se fosse colpa sua. La sua piccola figura fragile tremava in quell’uniforme scolastica completamente scompigliata. Ogni tanto penso al trauma che questa esperienza abbia avuto sulla sua salute emotiva e psicologica. Dio benedica la sua anima!

Anche se il signor Giwa è stato svergognato davanti a tutti, non ho alcun ricordo di lui in manette, o anche solo accusato né dai genitori né dalla scuola né dalla folla. È riuscito a mantenere il suo posto di lavoro, credetemi, l’ha fatto! Sì, Jenni doveva essere incolpata, era quella piccola “monella sexy” che non riusciva a controllare i suoi ormoni ad aver causato tutto.. Una bambina di 9 anni! Quella è stata l’ultima volta che abbiamo visto Jenni a scuola, non chiedetemi perché. La vittima è stata punita ma il colpevole no.

Prima di iniziare ad incolpare altre culture, devo ricordarvi che questo atto barbaro è una pratica universale vergognosa, tanto antica quanto la storia dell’uomo sulla terra. Lo stupro di donne o  bambini è un tema comune nella mitologia greca. Tra gli stupri o i rapimenti commessi da Zeus, la divinità suprema del pantheon greco, ci sono Europa, Ganymede e Leda la Ninfa. Lo stupro di Crisippo da parte di Laio era conosciuto come “il crimine di Laio”, un termine che venne applicato a tutti gli stupri su soggetti di sesso maschile.

Lo stupro di Ippodamia

La cultura dello stupro non è limitata a nessun paese, regione, razza, casta o classe. Glil episodi si verificano tanto tra poveri, gente di campagna e analfabeti quanto tra i ricchi, gente di città e le cosiddette élite. Inoltre, nella metà dei casi segnalati, le vittime pagano sempre con il prezzo della vergogna e spesso “vincono” il premio finale (spesso da vittime di stupro diventano vittime di omicidio), a tal punto che un sacco di vittime hanno paura di uscire.

Prendiamo, per esempio, il caso di Monica Lewinsky e Paula Jones che sono state oggetto di scherno e inserite nella lista nera quando hanno denunciato Bill Clinton. Un altro esempio è Jane Doe che ha affermato che, all’età di 13 anni, Trump l’abbia violentata ad una festa nel 1994 in un appartamento di New York, appartenente all’investitore miliardario  Jeffrey Epstein, a sua volta condannato per aver adescato una prostituta minorenne nel 2008. Alla fine affermò che Trump la minacciò dicendo che se avesse mai rivelato qualche dettaglio, lei e la sua famiglia “sarebbero stati fisicamente lesi, se non uccisi”. Sappiamo tutti delle cose terribili che Jeffrey Epstein e la sua fidanzata Ghislaine Maxwell hanno fatto alle ragazze minorenni. Se non lo sapete, basta cercare i loro nomi su google.

Ma ora basta con i politici, torniamo alla storia: i greci! L’opinione degli antichi greci è un po’ contraddittoria. Condannavano lo stupro delle loro donne, ma giustificavano anche molte forme di violenza sessuale. Hanno usato diverse formulazioni verbali per descrivere e “concettualmente” collegare l’atto con la parola bia (violenza) o la parola hybris (insulto, oltraggio). Da un punto di vista giuridico, un atto di stupro era inteso come un insulto nei confronti della proprietà e dell’autorità dei kyrios (uomini tutori) della vittima femminile e non verso la vittima stessa.  Non lo trovate offensivo?

Il consenso o meno della donna e il suo punto di vista erano irrilevanti. Le donne violentate avevano accesso al sistema giuridico solo attraverso i loro kyrioi, che decidevano in base ai propri interessi personali se avrebbero impiegato i rimedi giudiziari disponibili o rimedi fai-da-te. Per contro, le rappresentazioni di stupro negli antichi miti greci e nella letteratura mostrano che i greci potevano comprendere il trauma femminile nei casi di stupro e simpatizzare con le vittime.

Tuttavia, questa simpatia non voleva insinuare una nuova “tendenza” nella loro cultura. Non ha cambiato l’atteggiamento generale nei confronti dei rapporti di genere, che ha applaudito l’aggressione sessuale maschile e la passività sessuale femminile, ha reso la violenza sessuale contro le donne un aspetto della vita e ha costruito un ambiente che ha banalizzato lo stupro delle donne, collegandolo a idee più attraenti come abilità, coraggio, potere e lussuria.

Questo mi porta alla domanda su che cosa causa uno stupro. La taglia del vestito di una donna, il suo trucco, il suo profumo o i suoi “tacchi 12” sono un invito per chiunque si senta giustificato a violentarle, come il caso della quattordicenne che ha scatenato l’indignazione in Italia nel 2006? Per quelli che non ricordano, la Corte di Cassazione ha stabilito che un uomo di 41 anni, che ha violentato la sua figliastra di 14 anni, potrebbe ottenere una riduzione di pena per circostanze attenuanti. Il fatto che la ragazza non fosse vergine quando lui l’ha violentata, ha fatto giustamente supporre che, da un punto di vista sessuale, la personalità della ragazza fosse molto più  “sviluppata” di quanto ci si potrebbe normalmente aspettare da una ragazza della sua età.

I dati disponibili rivelano che in Sudafrica la polizia registra in media 114 stupri ogni giorno. Il tasso di stupro è aumentato dal 70,5% nel 2017/18 al 72,1% nel 2018/19. In India, ogni giorno vengono denunciati in media 106 stupri, in cui il 40 per cento delle vittime sono minori. È ancora più scioccante che in quasi il 95% dei casi, gli stupri siano commessi da genitori, parenti o amici delle vittime.

Povera Jenni, chissà cosa le sarà successo alla fine, in un posto dove il trauma post-stupro non è riconosciuto nei pazienti dalla medicina. Sarà stata in grado di proseguire la sua istruzione? Odierà gli uomini? Si sentirà ancora in colpa per quello che le è successo dopo tutti questi anni? Nella peggiore delle ipotesi: si sarà suicidata?

Per quanto riguarda il signor Giwa, ora dovrebbe deve essere in pensione, probabilmente avrà figli e anche nipoti.

Non possiamo fermare la cultura dello stupro, ma possiamo accendere il cervello per combatterlo. Continuiamo a parlarne finché la saliva in bocca non si asciuga!