La pelle: una questione di “sole” e non di razza




Per alcuni il colore della pelle è simbolo o motivo di orgoglio, per altri è offesa o razza.

Sotto il profilo oggettivo la pelle è come un libro: su di essa è scritta la storia dell’umanità. Purtroppo è poco conosciuta per penuria di reperti fossili: non è mai stata considerata così importante negli studi sull’evoluzione al pari di ossa, denti e cervello.

Eppure la pelle ha una storia così affascinante che ci rende pienamente umani, sia dal punto di vista fisiologico sia culturale.

Tutto inizia in Africa. La melanina di colore scuro funge da protezione solare naturale in una terra molto soleggiata.

Quando alcuni gruppi iniziano a spostarsi dalle zone equatoriali verso regioni con radiazioni meno intense, la pigmentazione protettiva si riduce di conseguenza. Occorre meno melanina perché la pelle deve assorbire una certa quantità di raggi solari a causa della poca esposizione solare.

L’esposizione ai raggi UV causa una reazione dell’ossigeno che attiva i melanociti, i quali generano la pigmentazione della pelle (melanina).

Ne deriva che la variazione cromatica nei diversi popoli non è altro che un semplice fenomeno scientifico. Ma non finisce qui. Il colore è in continua evoluzione perché la gente si sposta da una parte all’altra del mondo, si sposa e ha figli. Ogni giorno nascono nuove varianti di colore della pelle.

طالما كلنا أبناء آدم وحواء أي من سلالة واحدة، فلماذا تختلف ألواننا وكلاهما كانا على لون واحد ولم يكونا على ألوان مختلفة لنخرج نحن مختلفي الألوان هذا يحمل لون آدم وذاك يحمل

Eppure questa funzione biologica non è riuscita a scardinare i pregiudizi nel tempo.

“Razza” è un termine biologico che si utilizza in zoologia per raggruppare in una categoria gli animali che presentano le stesse specifiche caratteristiche esteriori. Questa definizione si è ampliata fino a divenire un concetto sfuggente, abbracciato da chi tenta in tutti i modi di separare le persone.

Il pregiudizio ha avuto inizio quando gli schiavi africani cominciarono a essere catturati e venduti in Europa e nelle Americhe. Quando gli esploratori europei si recarono per la prima volta nell’Africa subsahariana, alcuni rimasero scioccati dalla pelle scura e riportarono in Europa quelle impressioni di shock, rafforzate da convinzioni religiose secondo cui il nero rappresentava l’oscurità e la negatività.

L’inferiorità “naturale” dei “neri” si rivelò conveniente per chi cercava manodopera a basso costo. La tratta degli schiavi è stata un successo commerciale per quattrocento anni perché risultò estremamente facile schiavizzare qualcuno che era considerato inferiore.

Ci pensarono naturalisti e filosofi europei a calcare la mano, creando e modellando convinzioni sull’innata superiorità dei “bianchi” europei.

Per superare qualsiasi preconcetto, non è sufficiente attuare una riforma linguistica (“di colore”, “persona nera”, “afroamericano”), ma è necessario soffermarsi proprio sulla pelle e sulla sua storia.

L’istruzione dei più piccoli va rivista, con l’aiuto della volontà politica: bisogna aiutarli a cambiare atteggiamento nei confronti del colore e della razza. Come viene insegnata l’evoluzione umana già alle scuole elementari, così bisognerebbe spiegare in modo chiaro e schietto che il segreto delle differenze di colore sta nella luce del sole.

Le classificazioni razziali hanno causato e continueranno a causare sofferenze a milioni di persone ed è necessario lavorare tutti insieme per non ripetere gli stessi errori fatali.

Pelle Bianca come la cera
Pelle Nera come la sera
Pelle Arancione come il sole
Pelle Gialla come il limone
tanti colori come i fiori.
Di nessuno puoi farne a meno
per disegnare l’arcobaleno.
Chi un sol colore amerà
un cuore grigio sempre avrà.

                                                                                                                              (La Pelle, Gianni Rodari)

 

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