Per gli afroamericani ridotti in schiavitù, il matrimonio in quanto legame eterno era considerata un’utopia.
Le tradizionali promesse di fedeltà permanente, che di rito vengono pronunciate ancora oggi di fronte all’officiante, in quel contesto storico prevedevano un’ulteriore clausola:
“Prendi quest’uomo (o questa donna) come tuo sposo/a, finché morte o distanza non vi separi?
Consapevoli delle conseguenze a cui potevano andare incontro, le coppie si sposavano comunque e mettevano su famiglia nel tentativo di ammorbidire le dure condizioni di vita dettate dalla schiavitù.
Il più delle volte gli schiavi non avevano potere decisionale sulla scelta dei legami umani: il coniuge veniva selezionato dallo schiavista, che decideva perfino se e quando i suoi servi potevano sposarsi.
Per motivi economici poteva decidere anche di separare le coppie e venderle. O ancora, violava spudoratamente il “sacro vincolo” di quel matrimonio, costringendo le donne a diventare sue concubine, poiché non sussisteva un effettivo vincolo.
Il matrimonio era un atto giuridico e religioso concesso solo a chi deteneva una posizione legale all’interno della società. Per via del loro status, gli schiavi non potevano stipulare contratti di alcun tipo. Di conseguenza i loro matrimoni erano considerati nulli e gli schiavi erano costretti ad accontentarsi di unioni condizionate che potevano essere distrutte in qualsiasi momento.
La cronaca del matrimonio afroamericano sotto la schiavitù è fatta di colpi di scena, di legami intimi formati, sostenuti, spezzati e ripetutamente ricreati sotto le tensioni di un sistema oppressivo.
Di seguito sono riportate le peripezie e le sfide affrontate da tre schiavi per seguire il proprio cuore.
Henry Brown, popolarmente noto come Henry Box (scatola) Brown, sfugge alla schiavitù facendosi imballare in una cassa per merci.
Nel 1849 scappa da Richmond, in Virginia, rannicchiandosi in posizione fetale all’interno di questa piccola scatola. Giunge a Filadelfia, in Pennsylvania, accolto dagli abolizionisti che attendono la sua “consegna”, ben 27 strazianti ore dopo.
Meno noto è il motivo della sua fuga. Quando era un ragazzino, sua madre lo aveva avvertito dell’inevitabilità della separazione familiare: i suoi fratelli, infatti, vengono spartiti tra gli eredi del loro defunto schiavista. Lui viene costretto a lasciare i suoi genitori per lavorare in una fabbrica di tabacco.
Nonostante la tragica esperienza familiare, Brown non si perde d’animo e decide di costruirsi una famiglia tutta sua. Ma nel giro di un anno dal matrimonio, l’armonia nuziale giunge al suo termine.
Come racconta in seguito nel suo libro di memorie, The Narrative of the Life of Henry Box Brown,
gli scrupoli di coscienza del suo schiavista svanirono
e vendette sua moglie Nancy
a un uomo estremamente crudele e a una donna ancora più crudele.
Entrambi vengono venduti molte altre volte, prima di finire nelle mani di un potenziale acquirente che offre a Brown un accordo: se Brown paga una parte del prezzo di vendita di Nancy, lui la terrà con sè e Brown potrà riscattarla quando avrà i soldi sufficienti per pagare la restante parte.
È un’offerta rischiosa ma allettante, che Brown non può rifiutare se vuole avere ancora qualche speranza di riavere sua moglie. L’uomo approfitta della sua vulnerabilità: prima aumenta l’importo del riscatto, poi decide di vendere tutta la sua famiglia.
La notte prima di essere messi all’asta, sua moglie e i suoi tre figli vengono ingabbiati in una prigione locale. Il giorno successivo vengono trascinati fuori città legati a funi e catene. Brown non può fare altro che stare a guardare e ascoltare le loro grida angosciose. Come ha raccontato lui stesso:
Ho cercato di avvicinarmi alla fila in cui mia moglie si trovava incatenata. Il mio sguardo ha incrociato il suo viso prezioso, ma, santo cielo! quello sguardo di agonia, possa Dio risparmiarmi dal doverlo sopportare ancora!… Le presi la mano mentre la mia mente pensava a cose indicibili… Camminai con lei per circa quattro miglia mano nella mano, ma entrambi i nostri cuori erano così sopraffatti dalla sensazione di non riuscire a dire nulla, e quando alla fine fummo obbligati a separarci, lo sguardo d’amore reciproco che ci scambiammo fu tutto il segno che potevamo darci l’un l’altro, di incontrarci ancora in paradiso.
Dopo la devastante perdita della sua famiglia, Brown medita più volte il suicidio. Fino a quando non decide di architettare questa straordinaria fuga nel disperato tentativo di fuggire dalla schiavitù e di raccontare al mondo le sofferenze della schiavitù, mettendo a rischio la propria vita.
Non tutti gli schiavi potevano scegliersi il proprio coniuge, come fu per Henry e Nancy. Uomini e donne venivano costretti a vivere come marito e moglie contro la loro volontà. Alcune coppie sottostavano a queste scelte forzate, molte altre vivevano di relazioni segrete.
Ellen e Charley Carter e Walker e Alice Wade, sono un esempio lampante di storie di amore insoddisfatto.
Ellen è innamorata di Walker Wade, ma entrambi i loro padroni si oppongono a questo matrimonio. Walker deve rinunciare al suo amore e ha una relazione con Alice che sposa solo per salvarla dall’ira del suo padrone, il quale vuole venderla per aver avuto un bambino al di fuori del matrimonio.
Nel 1861 scoppia la guerra civile e per Walker si apre uno spiraglio di fuga da Alice: si arruola nell’esercito ma, quando torna a casa, la loro relazione inizia a cadere a pezzi. Walker si lamenta che Alice
era una donna che beveva. Ho resistito finché ho potuto.
Nel frattempo, anche l’altra coppia riluttante, Ellen e Charley, ha dei figli. Ma Ellen non ha mai dimenticato Walker Wade:
Walker mi ha aspettata quando eravamo giovani, ma i miei padroni mi hanno data a Charley Carter.
Non ho mai amato Charley, ho amato Walker Wade fin da ragazza e fino ad oggi non mi è mai importato di nessun altro uomo.
Walker ed Ellen riescono a vedersi di nascosto. Alice vuole legalizzare il suo matrimonio con Walker, operazione fattibilissima dopo la fine della schiavitù nel 1865. Ma Walker non ne vuol sapere, e pare che sia questo il motivo per cui Alice abbia iniziato a bere.
Walker riesce a separarsi da Alice e a unirsi in un matrimonio legale con la sua amata Ellen.
Alice cerca di impedire le nozze, ma non può nulla perché il suo legame con Walker non ha alcun valore civile.
Questa storia illustra il dilemma degli schiavi che hanno scelto di rincorrere il vero amore, negato senza un valido motivo. Inoltre, evidenzia anche i tumulti causati dalle unioni forzate e la determinazione nel seguire il proprio cuore, una volta acquistata la libertà.
Proviamo a immaginare una persona libera che decide di tornare a essere uno schiavo solo per amore.
Nel sud anteguerra, i legislatori nutrivano un grande disprezzo per i neri liberi e tentarono di attuare restrizioni per incoraggiarli a sottomersi alla schiavitù volontaria.
Queste tattiche colpivano più spesso le famiglie a status misto, cioè quelle famiglie che si trovavano nella condizione di dover scegliere se separarsi o continuare a stare insieme, risottoponendosi all’asservimento.
La libertà non era vissuta come una condizione assoluta o un diritto che si poteva dare per scontato. I duri espedienti utilizzati dagli stati del Sud hanno spinto moltissime persone libere a sacrificarsi pur di non separarsi dalle proprie famiglie.
Nonostante il regno di terrore generato dalla schiavitù, i matrimoni tra i neri non sono mai stati annientati. Per quanto siano stati sfigurati, gli afroamericani hanno dimostrato un’inesorabile creatività e intraprendenza nel costruire legami di parentela per garantire la sopravvivenza della “specie”.
Non dovremmo mai perdere di vista la profondità dei sentimenti e degli affetti alla base di queste relazioni e i sacrifici che erano disposti a compiere pur di preservarle.
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