Microchimerismo: “Sei parte di me…” nel corpo e nel cervello




Gli specialisti definiscono bonding quel legame speciale che si instaura tra mamma e bambino fin dai primi istanti di vita attraverso il contatto fisico.

Bonding with your baby - Today's Parent

Dal punto di vista scientifico questo legame indissolubile trascende la sfera sensoriale delle coccole e dell’affetto. Esiste un fenomeno denominato microchimerismo materno-fetale ed è una misteriosa e affascinante prova del legame unico e profondo tra madre e figlio.

In parole semplici, ognuno di noi lascia un pezzettino di se stesso sotto forma di cellule fetali nell’arco dei 9 mesi di permanenza nel grembo materno. Per restituire il favore, le nostre madri passano un po’ delle loro cellule nel nostro “alloggio” (la placenta).

In realtà, non importa se alla nascita viene reciso il cordone ombelicale o se il bambino si staccherà dalla madre in età adulta o se quella piccola vita non ha mai avuto la possibilità di vedere la luce: una parte di essa rimarrà sempre con la persona che l’ha portata in grembo anche solo per poche settimane. Qualcosa del figlio rimane nella madre e viceversa.

Fin dai primi stadi della gravidanza ogni feto trasmette alcune delle proprie cellule alla madre. Queste cellule attraversano la placenta, si immettono nella circolazione sanguigna e si annidano nei tessuti di vari organi come mammelle, tiroide, polmoni, milza, fegato, cuore e cervello.

Microchimerism: A new concept Shrivastava S, Naik R, Suryawanshi H, Gupta N - J Oral Maxillofac Pathol

Il sistema immunitario si libera di una parte di queste cellule presenti nel sangue. Quelle che riescono a sopravvivere, una volta infiltratesi nei tessuti, vi alloggiano per decenni diventando una vera e propria parte del corpo.

Probabilmente tutti noi conserviamo cellule acquisite dalla madre durante la gestazione, e le donne che hanno avuto una gravidanza conservano cellule venute dal feto.

Le cellule acquisite possono persistere per decenni, e sono in grado di risiedere stabilmente all’interno di un tessuto, entrando a far parte integrante degli organi del corpo. (da Le Scienze)

Ma che cosa fanno queste cellule dei figli concepiti, una volta migrate nel corpo della madre?

Le nuove tecniche di microscopia in vivo hanno permesso di seguire, nei topi, le cellule fetali marcate da una proteina fluorescente, la luciferasi, e di osservarle in azione.

Il parto, quindi, non mette fine, in maniera definitiva, alla presenza del feto nel grembo della madre, dato che, in qualche modo, questa coabitazione prosegue a livello cellulare.

Già negli anni Novanta del secolo scorso era stata avanzata una simile ipotesi; successivamente, alcuni studi hanno confermato casi in cui lo scambio non si limita a una semplice diffusione, ma spesso diventa vera e propria compenetrazione: alcune cellule fetali in topi di sesso femminile, dopo aver raggiunto il cuore, sono divenute parte integrante del tessuto cardiaco. (da Il Messaggero)

Le cellule fetali si accumulano dove ci sono ferite e lesioni e ne stimolano il processo di guarigione. Inoltre, contribuiscono al processo di angiogenesi, ossia alla formazione dei vasi sanguigni. In pratica, agiscono come cellule staminali capaci di rigenerare i tessuti danneggiati. Per la madre si tratta di una sorta di trapianto di cellule più giovani e più sane nei suoi organi più impoveriti.

Questo è spesso il motivo per cui alcune malattie, come alcuni tipi di cancro, svaniscono durante la gravidanza: la presenza di cellule fetali che sopravvivono significa che il sistema immunitario ha concesso loro il lasciapassare. Sulla base di ciò, i ricercatori sono attratti da un’ipotesi affascinante: si domandano se sia il contributo di questo fenomeno a rendere le donne più longeve.

Anche se dopo la gravidanza il sistema immunitario della madre si sbarazza delle cellule fetali rimaste nel sangue, quelle già integrate (in quanto pluripotenti, capaci cioè di trasformarsi in qualunque tipo di cellula) nei tessuti materni passano inosservate e sfuggono ai “repulisti”. (da Focus)

Tuttavia, le cellule chimeriche possono anche sollecitare una risposta immunitaria e causare problemi nella peggiore delle ipotesi. Questi si verificherebbero quando si crea conflitto tra residui di cellule da parte di nonna e cellule del bambino all’interno della madre.

Il Dna altrui può modificare la propensione di una donna ad alcune malattie cerebrali, conferendo una speciale protezione o una inattesa vulnerabilità.

Può accendere o spegnere interruttori molecolari legate ai tumori, o può potenziare le difese naturali contro traumi e malattie mentali (ma anche viceversa). (da La Stampa)

Il microchimerismo potrebbe contribuire a un attacco da parte del sistema immunitario in alcuni casi, e in altri invece aiutare il corpo a guarire.

Questi effetti fanno sì che le cellule acquisite siano nuovi interessanti bersagli per agenti terapeutici che contrastino l’autoimmunità o promuovano la rigenerazione dei tessuti danneggiati. (da Le Scienze)

A questo punto è chiaro perché le donne che hanno figli diventano chimere: nel loro organismo sono presenti cellule di altri individui.

Nel mito greco la Chimera era una creatura con corpo e testa di leone, una seconda testa di capra sporgente dal dorso e un serpente al posto della coda.

Mythological Creatures: Chimeras

In zoologia si parla di chimera quando un animale ha due o più popolazioni differenti di cellule geneticamente distinte. Nell’uomo il chimerismo si verifica quando cellule di un individuo migrano nel corpo di un altro (in caso di trasfusioni e trapianto di organi). Ed infine esiste il microchimerismo materno-fetale.

Nel 2012 un team di ricercatori canadesi e americani ha concentrato gli studi sul cervello, riuscendo a identificare anche lì la presenza di cellule diverse da quelle materne: è stato constatato che le cellule fetali sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e una delle conclusioni più interessanti è sicuramente che

Queste tracce erano specialmente concentrate nell’ippocampo e nei lobi parietali e temporali della corteccia prefrontale, zone particolarmente utili per la comprensione, la memoria e la percezione.

Tra i 59 soggetti presi in esame c’era anche una donna deceduta a 94 anni nella cui materia grigia era ancora presente DNA maschile, segno inequivocabile della permanenza a lungo termine di questo connubio madre-figlio.

Ad ogni modo, questa attività cellulare chimerica non è esclusivamente unilaterale ma bidirezionale: anche il feto necessita di ereditare le cellule materne per la propria sopravvivenza e il proprio benessere.

Ma la scoperta più sorprendente è che queste cellule non si limitano solo a creare e costruire: se avete un fratello o una sorella più grande di voi, è possibile che le cellule che bazzicavano nel corpo di vostra madre siano state passate anche a voi attraverso la placenta.

Nel grembo materno – spiega l’esperto J. Lee Nelson sul Los Angeles Time – si può anche “catturare” il Dna di fratelli maggiori, o di un gemello mai venuto alla luce.

Oppure, nel corso della nostra vita, possiamo prendere materiale genetico dei figli, addirittura di quelli concepiti e mai nati.

Questo Dna ”acquisito” può rimanere con noi per molto tempo. (da La Stampa)

Nel saggio Utero in affitto o gravidanza per altri? Voci a confronto (Franco Angeli editore), Marina Terragni scrive:

Durante la gestazione tra lei e il feto avvengono scambi decisivi per lo sviluppo del bambino, scambi che continuano in fase perinatale – la gravidanza prosegue “fuori” – e che fanno del bambino la persona che sarà.

Il fenomeno del microchimerismo – cellule fetali che si annidano negli organi della madre, sopravvivendo per molti anni – è la traccia fisica della relazione più intensa che sia dato sperimentare.

Tutto questo è la prova lampante che non siamo semplicemente un cumulo di pezzetti di DNA pre-impacchettati e rilasciati nel mondo. Siamo organismi in continua evoluzione su cui agiscono forze invisibili, come le cellule chimeriche.