Naomi Campbell, il razzismo prima della fama



Fare la modella non era il mio sogno. Da adolescente volevo ballare ed ero felice di studiare scienze dello spettacolo.

È stato solo quando ho incontrato Beth Boldt, il capo della Synchro Agency, che per la prima volta mi è venuta l’idea di fare la modella.

Ricordo il giorno in cui mi ha visto per strada. Era un caldo pomeriggio di aprile. Ero a Covent Garden con le mie amiche Suzanne Howard e Maxine Restall, bionde e belle come la maggior parte delle mie amiche in quel periodo.

Sarei dovuta tornare subito a casa dopo la scuola, ma Covent Garden è sempre stato un luogo artistico e così divertente, pieno di musica e persone che ballavano in piazza, che mi piaceva fermarmi lì mentre tornavo a casa.

Tutte e tre indossavamo l’uniforme dell’Istituto Italia Conti: un gonnellino blu chiaro, un maglione blu scuro con scollo a V, una camicia blu, una giacca e una cravatta con lo stemma dell’accademia.

Italia Conti Academy of Theatre Arts 介紹| Uniform Map 制服地圖

All’improvviso una donna si è avvicinata e mi ha chiesto se avessi mai pensato di fare la modella. Quella era Beth. Ho notato subito il suo accento americano – quel suo accento del sud -. Sembrava sincera e gentile.

La mia reazione immediata è stata di sorpresa mista eccitazione. Guardando indietro nel tempo penso che, se fossi stata l’agente, non mi sarei mai avvicinata. Voglio dire, Maxine sembrava una modella. Aveva i capelli biondi lunghi e più belli ed era la scelta più ovvia. Non sto dicendo che essere nere non sia bello, ma essere scelta mentre ero in piedi accanto a quelle due ragazze – beh, diciamo solo che Dio benedica Beth per avermi notata.

Quando ho iniziato, Linda (Evangelista) e Christy (Turlington) mi hanno sostenuta tantissimo. Non mi avevano presa per certi spettacoli a causa del colore della mia pelle. Ma non ho permesso che questo mi segnasse.

Quando sei nero, devi fare uno sforzo extra. Devi essere due volte più bravo degli altri.

Ma sono stata fortunata ad avere Linda e Christy che mi difendevano. Hanno detto ad alcuni designer che se volevano averle nei loro spettacoli, dovevano prenotare anche me.

Ho affrontato molte sfide come modella nera, ma per molti versi mi sento una delle poche fortunate. La mia carriera mi ha insegnato che puoi sempre ribaltare i pregiudizi, che non dovresti mai arrenderti. Il razzismo è solo ignoranza.

Nel 1988 ho realizzato la copertina di giugno di Vogue Italia, che è stata scattata da Steven Klein negli studi di Milano. Quella era la prima volta che lavoravo con Steven. Era molto simpatico e professionale. Le riprese sono state difficili perché il truccatore non aveva portato il fondotinta adatto per la mia pelle. Non so che tipo di ragazza si aspettasse; forse non aveva mai visto una mia foto.

Vogue Italia, June 1988.

Non ricordo cosa abbiamo fatto, se abbiamo preso in prestito il fondotinta da qualcun altro o ho usato quello che avevo con me, ma in qualche modo ci siamo riusciti. Però non ero del tutto contenta della foto finale perché non sentivo che catturasse il vero tono della mia pelle. Da allora porto sempre il mio fondotinta e la mia cipria ai servizi fotografici per assicurarmi che quell’epidosio non si ripeta mai più.

Tre mesi dopo, mi hanno ingaggiata per la copertina di Vogue Francia. All’epoca non mi rendevo conto che non c’era mai stata una modella nera in copertina fino ad allora.

La copertina non mi piaceva molto ma, quando uscì, il numero di agosto 1988 ebbe un grande impatto: finalmente una modella nera sulla copertina di Vogue Francia. In un certo senso, sono contenta di aver scoperto solo in seguito che stavo scrivendo la storia. Altrimenti avrei sentito troppa pressione davanti all’obiettivo.

Nel mese di settembre 1989 Anna Wintour mi mise sulla copertina di Vogue USA e si beccò un sacco di critiche per questo. È stato snervante perché ho sentito il peso di essere una modella nera sulla copertina di una rivista americana.

Naomi Campbell photographed by Patrick Demarchelier, Vogue cover, September 1989

Mi piace pensare che ora questo settore stia migliorando per le modelle nere. È incoraggiante vedere tante ragazze nere in passerella e nelle campagne pubblicitarie. Le cose sono cambiate, anche se il pregiudizio non è scomparso del tutto.

Ora sto cercando di accendere i riflettori sull’Africa, per connettere stilisti e modelli africani con la comunità globale, attraverso la co-produzione di Arise Fashion Week a Lagos ed eventi principali come il Leading Women Summit di Forbes Africa 2019 a Durban.

Voglio ricambiare. Non posso fare tutto, ma posso fare la mia parte e voglio farlo.

“Ritirarmi” è una parola che non vorrei mai usare. “Rilassarmi” forse, ma “ritirarmi” mai.