Niccolò V, la bolla papale che unì il razzismo al cattolicesimo

Con l’espansione del Portogallo in Africa occidentale nel XV secolo, i mercanti iberici iniziarono a riconoscere il potenziale economico di un’impresa di traffico di schiavi su larga scala.

Uno dei primi a registrare questo sentimento, secondo il cronista reale portoghese Gomes Eanes de Zurara, era un giovane capitano di nome Antam Gonçalvez, che salpò per l’Africa occidentale nel 1441 sperando di acquistare pelli di foca e petrolio. Dopo aver ottenuto il suo carico, Gonçalvez convocò una riunione di ventuno marinai che lo avevano accompagnato e svelò il suo piano per aumentare i profitti.

Copertina di <em>Crónica dos feitos da Guiné</em> di Gomes Eanes de Zurara, pubblicata nel 1460, Parigi, Francia, per gentile concessione della Bibliothèque nationale de France. Il re Alfonso V commissionò la <em>Crónica</em>, composta per la prima volta da Zurara nel 1453.

Secondo Zurara, Gonçalvez disse al suo equipaggio

abbiamo già preso il nostro carico, ma quanto sarebbe bello se noi, che siamo venuti in questa terra per un carico di merce così meschina, incontrassimo fortuna e portassimo i primi prigionieri alla presenza del nostro Principe?

Quella notte, Gonçalvez guidò un’incursione a Cap Blanc, una stretta penisola tra il Sahara occidentale e la Mauritania, e rapì due berberi, un uomo e una donna. Un altro marinaio portoghese Nuno Tristão e i membri del suo equipaggio si unirono a Gonçalvez.

Sebbene il raid avesse portato a meno di una dozzina di prigionieri, Zurara immagina nel suo racconto che il principe dei Portogallo Enrico abbia risposto a questa impresa con

gioia, non tanto per il numero di prigionieri presi, ma per la prospettiva di altri [innumerevoli] prigionieri che potrebbero essere presi.

Sebbene il viaggio di Gonçalvez nel 1441 sia ampiamente considerato come l’inizio della tratta degli schiavi transatlantica, può anche essere visto come l’estensione di un’antica tradizione fatta di incursioni e riscatti su entrambe le sponde del Mediterraneo. Infatti, al ritorno in Portogallo, Gonçalvez permise loro di negoziare i termini del proprio rilascio. Piuttosto che offrire un riscatto in denaro, i prigionieri promisero di dare a Gonçalvez dieci schiavi in ​​cambio della loro libertà.

Secondo Zurara, i berberi spiegarono che questi nuovi prigionieri sarebbero stati

neri [e] non della stirpe dei mori, ma Gentili (ndr pagani).

Così nel 1442, Gonçalvez restituì i suoi prigionieri berberi al Sahara occidentale, ricevendo come pagamento dieci africani subsahariani ridotti in schiavitù, che poi riportò in Portogallo per la rivendita.

Nel corso del XV secolo si andò delineando una tradizione giuridica che regolava il trattamento riservato a ebrei, musulmani e pagani in generale e definiva chi fosse “schiavizzabile” o meno. In particolare, tra il 1452 e il 1455, papa Niccolò V emanò una serie di bolle papaliche che concedevano al sovrano portoghese Alfonso V il diritto di schiavizzare gli africani subsahariani.

I dirigenti ecclesiastici sostenevano che la schiavitù servisse da deterrente naturale e soluzione cristianizzante per contrastare il comportamento “barbaro” tra i pagani. Sulla base di questa logica, il Papa diede al re precise istruzioni.

Il 18 giugno 1452 papa Niccolò V emise la bolla papale “Dum Diversas” con la quale autorizzava il sovrano portoghese ad attaccare qualsiasi nemico di Cristo:

Noi, rafforzati dall’amore divino, spinti dalla carità cristiana, e costretti dagli obblighi nel nostro ufficio pastorale, desideriamo, come si conviene, incoraggiare ciò che è pertinente all’integrità e alla crescita della Fede, per la quale Cristo, nostro Dio, ha versato il suo sangue, e sostenere in questa santissima impresa il vigore delle anime di coloro che sono fedeli a noi e alla vostra Maestà Reale. Quindi, in forza dell’autorità apostolica, col contenuto di questa lettera, noi vi concediamo la piena e libera facoltà di catturare e soggiogare Saraceni e pagani, come pure altri non credenti e nemici di Cristo, chiunque essi siano e dovunque abitino; di prendere ogni tipo di beni, mobili o immobili, che si trovino in possesso di questi stessi Saraceni, pagani, non credenti e nemici di Cristo; di invadere e conquistare regni, ducati, contee, principati; come pure altri domini, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere a qualunque re o principe essi appartengano e di ridurre in sudditanza i loro abitanti; di appropriarvi per sempre, per voi e i vostri successori, i re del Portogallo, dei regni, ducati, contee, principati; come pure altri domini, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere, destinandoli a vostro uso e vantaggio, e a quelli dei vostri successori…

L’8 gennaio 1454 il papa emise la bolla “Romanus Pontifex con cui istruì il re di

invadere, scovare, catturare, vincere e sottomettere tutti i saraceni e i pagani di qualsiasi genere … [e] ridurli in schiavitù perpetua, e applicare e appropriarsi, per sé e per i propri successori, dei regni, ducati, contee, principati, domini, possedimenti e beni e per convertirli a proprio uso e profitto.

Nos, premissa omnia et singula debita meditatione pensantes, ac attendentes quod cum olim prefato Alfonso Regi quoscunque Sarracenos et paganos aliosque Christi inimicos ubicunque costituisce, ac regna, ducatus, principatus, dominia, possessiones, et mobilia ac immobilia bona quecunque per eos detenta ac possessa invadendi, conquirendi, expugnandi, debellandi, et subjugandi, illorumque personas in perpetuam servitutem redigendi.

L’atto del Papa rappresenta il primo editto internazionale mai registrato che abbia letteralmente concesso a una nazione cristiana il diritto di promuovere, imporre e trarre grandi profitti dalla tratta degli schiavi.

Mentre le discussioni sulla schiavitù sono spesso incentrate sulle malefatte delle nazioni europee, gli storici spesso oscurano il ruolo della Chiesa cattolica che ha imposto le proprie opinioni agli africani e agli indigeni. Non c’è stata conversione pacifica e una ricucitura delle differenze ideologiche. La conversione dei missionari è stata storicamente violenta, disumanizzante e destabilizzante per le nazioni africane. I bianchi giustificavano la schiavitù africana perché ritenevano i non-cristiani non degni di rispetto.

La colonizzazione è il preambolo di ogni ingiustizia che i neri e gli indigeni subiscono oggi attraverso la supremazia bianca.

Quando i missionari sono venuti in Africa, avevano la Bibbia e noi avevamo la terra. Ci hanno detto: Preghiamo.” Abbiamo chiuso gli occhi. Quando li abbiamo riaperti noi avevamo la Bibbia e loro avevano la terra. (Desmond Tutu)

Il tutto si è svolto senza mai un dibattito: il papato ha ordinato un mandato invece di cercare di convertire attraverso la gentilezza e il rispetto. I bianchi hanno usato la Bibbia come una spada contro tutti i non-cristiani. Questa ideologia proveniva direttamente da uno dei più grandi filosofi: Aristotele, il quale sosteneva che

comandare ed essere comandato non solo sono tra le cose necessarie, ma anzi tra le giovevoli, e certi esseri , subito dalla nascita, sono distinti, parte a essere comandati, parte a comandare.

Pertanto, la convinzione che la schiavitù fosse una condizione umana divenne parte del pensiero europeo. La Chiesa incarnò questa ideologia e la trasformò in prassi politica. I cattolici diffusero la loro fede attraverso atti bellici e non con le parole. Quando il Portogallo, la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna e altre nazioni europee schiavizzarono gli africani, lo fecero con la benedizione della Chiesa, personalizzando alcuni versetti della Bibbia a giustificazione delle proprie azioni.

La firma di quell’editto ha sancito l’unione del razzismo con il cattolicesimo e la vergognosa tratta degli schiavi è il risultato diretto del dominio religioso guidato dalla supremazia bianca.

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