Seid Visin, l’esperienza con il razzismo in Italia e il suicidio



Dinanzi a questo scenario socio-politico particolare che aleggia in Italia, io, in quanto persona nera, inevitabilmente mi sento chiamato in questione.
Io non sono un immigrato.
Sono stato adottato quando ero piccolo.
Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. Adesso, invece, questa atmosfera di pace idilliaca sembra così lontana; sembra che misticamente si sia capovolto tutto, sembra ai miei occhi piombato l’inverno con estrema irruenza e veemenza, senza preavviso, durante una giornata serena di primavera. Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone.
Qualche mese fa ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, prevalentemente anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non bastasse, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche la responsabilità del fatto che molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro.
Dopo questa esperienza dentro di me é cambiato qualcosa: come se nella mia testa si fossero creati degli automatismi inconsci e per mezzo dei quali apparivo in pubblico, nella società diverso da quel che sono realmente; come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, che ero bianco.
Il che, quando stavo con i miei amici, mi portava a fare battute di pessimo gusto sui neri e sugli immigrati, addirittura con un’aria troneggiante affermavo che ero razzista verso i neri, come a voler affermare, come a voler sottolineare che io non ero uno di quelli, che io non ero un immigrato. L’unica cosa di troneggiante però, l’unica cosa comprensibile nel mio modo di fare era la paura.
La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati, la paura per il disprezzo che sentivo nella bocca della gente, persino dai miei parenti che invocavano costantemente con malinconia Mussolini e chiamavano “Capitano Salvini”. La delusione nel vedere alcuni amici (non so se posso più definirli tali) che quando mi vedono intonano all’unisono il coro ”Casa Pound”.
L’altro giorno, mi raccontava un amico, anch’egli adottato, che un po’ di tempo fa mentre giocava a calcio felice e spensierato con i suoi amici, delle signore si sono avvicinate a lui dicendogli: ”goditi questo tuo tempo, perché tra un po’ verranno a prenderti per riportarti al tuo paese.
Con queste mie parole crude, amare, tristi, talvolta drammatiche, non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che stanno vivendo quelle persone dalla spiccata e dalla vigorosa dignità, che preferiscono morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaporare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente “Vita”.

È la lettera che Seid Visin ha scritto nel 2019: è stata letta in chiesa nel giorno del suo funerale.

Seid ha deciso di togliersi la vita a soli 20 anni.

Era nato in Etiopia ma era cresciuto in Italia, adottato da una famiglia a Nocera Inferiore (in provincia di Salerno).

Il suo suicidio ha scatenato un botta e risposta su Facebook tra il leader della Lega Matteo Salvini e lo scrittore Roberto Saviano.

Saviano scrive:

Meloni e Salvini, un giorno farete i conti con la vostra coscienza, perché la sadica esaltazione del dolore inflitto ai più fragili prima o poi si paga. E vi auguro sinceramente che siano i vostri figli a vergognarsi di voi e a non darvi tregua. Per sempre.


Salvini commenta:

Agli sciacalli alla Saviano che cercano di fare polemica politica anche su una tragedia come questa, smentiti dai genitori di Seid che fanno sapere che ‘il suo gesto estremo non deriva da episodi di razzismo.

Saviano ribatte:

Senatore Salvini, legga la lettera scritta da Seid, parla di lei e del clima infame che ha creato in questo paese.

Ho pietà per lei, e spero ne abbiano anche i suoi figli, che lei non esita a esibire sui social per fare propaganda; esponendoli a tonnellate di odio che lei stesso provoca e fomenta.

Che squallore, che meschinità: qualcuno dovrebbe difendere i suoi figli da lei stesso.

Quindi non si azzardi a dare lezioni.

Lei non può.

Lei non potrà mai.