In Trinidad e in Ghana è conosciuto come “susu”. In Senegal e Benin si chiama “tontines”. In Nigeria, dove il tutto ha avuto inizio nel 1700, è “esusu”. Comunque lo si chiami, questo sistema di raccolta di denaro a titolo di risparmio-prestito per i membri della collettività mostra che l’Africa non ha mai avuto problemi con la matematica.
Nei programmi scolastici la storia della matematica viene analizzata prettamente sotto il profilo delle conquiste delle civiltà greca, indiana, cinese e araba. Un accenno alla matematica africana viene fatto esclusivamente quando si parla dell’Egitto. Ma anche l’Africa subsahariana possiede una ricca storia in questo settore e solo i musei mondiali rappresentano la chiave di lettura per riportarla in vita.
Tuttavia, gran parte delle sue tradizioni si sono progressivamente perse nel tempo per due motivi: la trasmissione orale del suo patrimonio di informazioni e la tratta degli schiavi. Del resto, conveniva anche agli europei diffondere l’idea che i popoli da loro catturati e schiavizzati non fossero affatto intelligenti.
Ma i documenti scritti di cui disponiamo oggi sono sufficienti per rivelare che la matematica complessa è sempre stata al centro delle attività delle civiltà africane, al pari delle altre civiltà a noi più note.
Alcune delle prove sono emerse proprio dalle testimonianze scritte di coloro che avevano frequenti contatti con schiavi e schiavisti. I capitani europei delle navi di schiavi, per esempio, rimanevano stupiti di fronte alle abilità matematiche dei mercanti africani con cui avevano modo di interagire. I marinai che facevano affari con i trafficanti africani li descrivevano come
aritmetici abili in grado di eseguire brillantemente calcoli mentali di conversione valute e tassi di cambio.
Questo non dovrebbe sorprenderci, se guardiamo al sistema numerico utilizzato nella lingua yoruba (una delle tantissime lingue parlate in Nigeria). Ad esempio, il numero “quarantacinque” si traduce con una frase:
togli 5 e 10 da tre 20.
Potrebbe sembrare un po’ macchinoso, ma è il segno di un popolo che si sente a proprio agio tra sottrazioni e moltiplicazioni.
Non dimentichiamo che è stato proprio il popolo Yoruba ad aver ideato il sistema “esusu”. I documenti rinvenuti sui complessi sistemi finanziari vigenti nella Nigeria precoloniale – banche e società di mutuo soccorso – suggeriscono che gestire conti complicati, prestiti, crediti e debiti era pane quotidiano.
Il fatto che le istruzioni per eseguire questi sistemi di calcolo siano state trasmesse oralmente di padre in figlio rende la questione ancora più affascinante.
Conosciamo almeno un brillante aritmetico africano, venduto come schiavo in America. Il suo nome inglese, assegnatogli dopo essere stato sradicato dall’Africa all’età di 14 anni, era Thomas Fuller, ma era meglio noto con questo soprannome:
Calcolatore della Virginia
per le sue straordinarie capacità di calcolo aritmetico. È impossibile stabilire quanti altri grandi geni della matematica siano stati deportati in Europa, nei Caraibi e nelle Americhe, sottraendo le loro abilità alla conoscenza umana.
È anche impossibile quantificare quanto queste perdite abbiano influito sulla reputazione della matematica africana e parallelamente quanto abbiano contribuito a diffondere il concetto dell’inferiorità intellettuale del popolo africano tra il XIX e il XX secolo. Grazie alle ricerche e agli studi degli esperti stiamo lentamente riacquistando una prospettiva migliore in merito.
Recentemente, ad esempio, un ricercatore francese ha dimostrato che il popolo Akan, che viveva nella regione dell’attuale Ghana e Costa d’Avorio, ha sviluppato un proprio sistema di numerazione e non ha preso in prestito i sistemi arabi e persiani, come suggerito finora dagli storici.
Jean-Jacques Crappier ha rinvenuto i “pesa-oro” che venivano usati dagli Akan per pesare, appunto, la polvere d’oro. Presso gli Akan, infatti, l’oro era la moneta tradizionale utilizzata negli scambi commerciali con gli occidentali (portoghesi, olandesi e inglesi dal XV alla fine del XIX secolo) e nella vita economica quotidiana.
Per realizzare questa ricerca, Crappier ha riunito un team di collezionisti e matematici. Insieme sono riusciti a ottenere 9.301 pesa-oro, provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo.
I pesa-oro sono figure realizzate in ottone impregnate di significato simbolico: raccontano una storia, un pensiero o un proverbio di quella cultura.

Per pesare l’oro veniva impiegata una bilancia a due piatti. Ogni figurina aveva una massa e un peso precisi che, facendo da contrappeso, servivano come valore di riferimento per individuare il peso della polvere d’oro.
Non dovrebbe sorprendere che la matematica complessa sia stata sviluppata e praticata nell’Africa occidentale. L’Università Sankore a Timbuktu, in Mali, era rinomata in tutto il mondo per la presenza di astronomi e contabili. Divenne famosa soprattutto nel XIV secolo durante il regno dell’imperatore Mansa Musa (leggi qui) l’uomo più ricco del mondo all’epoca, che sfruttò le sue vaste riserve auree per attirare i migliori studiosi, fondare biblioteche ed educare centinaia di migliaia di studenti.
Esistono dei giochi da tavola che testimoniano l’eredità secolare della matematica africana. Questi richiedono l’impiego di abilità di calcolo mentale fulmineo che riescono a scoraggiare gli osservatori occasionali.



Sicuramente c’è molto altro ancora da riportare alla luce. Ci sono ancora molte domande senza risposta: come ha fatto il popolo Akan a sviluppare il suo sofisticato sistema commerciale? Come hanno realizzato i pesi e le bilance e quanto erano precisi?
Le risposte a queste e ad altre domande, che possono trovarsi ancora sparse tra le collezioni museali nel mondo, ci aiuteranno sicuramente a riscoprire l’impressionante ma dimenticata verità sulla matematica africana.
E la qualità di queste produzioni costringeva gli europei all’ammirazione, nonostante l’opinione piuttosto screditante dell’epoca sulle società africane.
Lascia un Commento